Elettronoir: online il video di “Postalmarket”


“Mia nonna si laureò in medicina. Truccava il viso, poco a dire il vero… usciva con le amiche ed indossava la minigonna ed i tacchi, acquistandoli per corrispondenza. Profumava il seno con il gelsomino. Io ho avuto altre possibilità, il burka o il kalashnikov… e sono salita sui monti”. Soldatessa YPG

Questo è un passo significativo di un’intervista rilasciata ad Al Jazeera da una delle tante soldatesse YPG impegnate a combattere l’Isis e da cui ha preso spunto “Postalmarket”, videoclip del secondo brano estratto dal quinto album in studio degli Elettronoir (“Suzu”, in uscita il 31 ottobre e prodotto da Elettronoir-/Goldmine Records) che esce oggi su YouTube.

“Postalmarket” è un brano che parte dalla new wave per arrivare alla musica ambientale delle sale d’attesa (Erik Satie o Brain Eno) e ad una coda che richiama l’aria finale dei “Pagliacci” di Ruggero Leoncavallo. Parla di equilibri alterati, dinamiche spezzate, esistenze e vite sconfitte, da recuperare: “Avevo letto vari articoli, testi, “Cobane Calling” di Zerocalcare, e le interviste, le storie delle soldatesse che in Kurdistan combattono frontalmente l’ISIS” – racconta Marco Pantosti, voce e pianoforte della band romana che si completa con Georgia Lee (voce) e Maurizio Sarnicola (basso e campionamenti e co-produttore artsitico) -. “Lo fanno con un fucile impugnato con la mano destra, mentre col braccio sinistro tengono stretto il proprio bambino. Con il sorriso, un’ombra di rossetto che tradisce una leggera civetteria, ed il turbante in testa pronto a calare sul viso mentre montano la guardia o si devono mobilitare per un’azione di difesa improvvisa”.

“Le loro nonne erano nate libere. – prosegue Marco – Sotto scià a capo di assemblee parlamentari e laiche. Negli anni ’50/’60/fino ai primi ’70 rappresentarono il faro dei diritti femminili. Ragazze all’università, in minigonna, psichedeliche, colorate, serene, giovani, belle. La Rivoluzione sessuale prima della rivoluzione di costume europea, prima dei Beatles, dei Rolling Stone, del ’68 e del ’69: istruzione, rotocalchi, gruppi musicali, cinema, avanguardie, riunioni, feste, mostre, sfilate, cultura, cataloghi, foto, assemblee, amori, sessualità, politica. Non vi era al mondo nulla di simile. L’Occidente ha schiacciato tutto questo ed imposto regimi tetri, di terrore, oscuri, integralisti con cui fare affari. “La “nipote” ora combatte per recuperare il campo che fu della propria nonna. La “nipote” combatte perchè il burka, la condizione del burka, non può diventare la regola”.

Nel video (regia di Robeat) il tema del cambiamento radicale avvenuto in Medio Oriente, viene rappresentato attraverso le immagini del catalogo Postalmarket iraniano, di pochi decenni fa, che diventa così un album di “foto di famiglia” da tramandare alle future generazioni, per resistere, per non arrendersi, per sapere che tutto è ancora possibile. Ma anche con un video di uno sciamano che danza nel deserto iraniano e che è uno dei simboli, dei colori di quella società. Il filmato è difficilmente databile con precisione, ma le riprese sono state effettuate tra il 1966 ed il 1972. La sua danza improvvisata, un inno agli elementi dell’universo, rappresenta la vitalità di quegli anni ruggenti del Medio Oriente.

“Postalmarket” segue a “Resonance”, disponibile su YouTube: https://www.youtube.com/watch?v=rAiSSOYfNRw, primo video estratto dal nuovo disco: “un concept album che racconta l’umanità ai tempi della disumanizzazione, quadri netti che parlano dell’uomo, della guerra, dei sentimenti, della musica stessa. Da sempre”.

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