Jezabel di Irène Némirovsky, dal 13 dicembre al Pacta Salone di Milano


Torna al PACTA SALONE  di Milano dal 13 al 17 dicembre 2017 JEZABEL dal romanzo di Iréne Némirovsky, con l’adattamento di Maddalena Mazzocut-Mis e Sofia Pelczer che ne cura anche la regia: lo spietato ritratto di una donna ossessionata dalla paura di invecchiare.

Aula di tribunale nella Parigi degli anni ’30. L’imputata è Gladys Eysenach, colpevole dell’omicidio del suo presunto giovane amante. Lei, troppo bella e troppo ricca. Ha ucciso. È andata proprio così. O no? E se sì, perché lo ha fatto?

Da qui inizia un flashback vorticoso, la mise-en-scène soggettiva del suo rapporto con gli uomini, con la figlia in età da marito, ma soprattutto con se stessa, le sue inquietudini e il suo incolmabile bisogno di sentirsi amata. Il tentativo disperato di fermare il tempo è il motore di ogni sua azione, di ogni sua relazione e di ciascuna frase da lei pronunciata. La protagonista vive in balia del suo narcisismo, del desiderio di ritrovare quell’ebbrezza giovanile dell’attimo in cui tutto può ancora accadere.

Il conflitto feroce tra una donna, aggrappata al proprio passato, e le generazioni successive, che si sentono derubate del proprio presente. Al suo fianco, un’attrice incarna la giovinezza e il doppio di Gladys e un attore assume in sé l’archetipo del seduttore, dell’amante e di tutti i significati che il maschile rappresenta nell’universo della protagonista. I due attori vestono di volta in volta i vari ruoli del romanzo, creando una messinscena di ricordi orchestrata dalla protagonista.

In scena anche una violinista con le musiche del periodo (anni ‘10 e ’30) per un romanzo che con grande sapienza mescola i generi del giallo, del dramma psicologico e del melodramma.

“Jezabel di Irène Némirovsky (1936), è permeata da un’attualità sorprendente – spiega la regista Sofia Pelczer -. Ci siamo riconosciute nell’opera e nelle domande che pone. Abbiamo intrapreso un viaggio tra le immagini e i temi dell’autrice per comporne uno spettacolo teatrale, scegliendo come fil rouge il tallone di Achille della donna contemporanea: l’ossessione della giovinezza e della bellezza. Quali sono le conseguenze dell’attaccamento malato alla propria immagine?”.

Irène Némirovsky – Scrittrice ucraina di lingua francese (Kiev 1903 – Auschwitz 1942). Figlia unica di un banchiere ebreo ucraino, dopo un’infanzia agiata a San Pietroburgo, durante la rivoluzione d’Ottobre si trasferì con la famiglia prima in Finlandia e Svezia (1918), poi in Francia (1919). A Parigi ebbe inizio un periodo di intensa attività letteraria e di sfrenata mondanità. Si laureò in lettere alla Sorbona e nel 1926 sposò Michel Epstein, ingegnere ebreo russo. Malgrado la notorietà ottenuta con i suoi romanzi non ottenne mai la cittadinanza francese, da lei più volte richiesta. Scoppiata la Seconda guerra mondiale, subì le conseguenze delle leggi razziali: costretta ad abbandonare Parigi, venne arrestata nel luglio 1942 e deportata ad Auschwitz, dove morì il mese successivo, gravemente debilitata.

Esordì con il romanzo Le malentendu (1926), cui seguirono L’enfant génial (1926); il fortunato David Golder (1929); Le bal (1930). Con la pubblicazione postuma di Suite française (2004), quadro di una collettività in fuga, è stata riscoperta dal pubblico e dalla critica internazionali quale autrice dotata di una straordinaria intensità narrativa.

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