“L’Orizzonte Stretto” è il nuovo singolo dei Guignol


“L’Orizzonte Stretto” è il nuovo singolo radiofonico dei Guignol, che anticipa il nuovo disco “Porteremo gli stessi panni” in uscita il prossimo 23 febbraio per Atelier Sonique a soli due anni dal precedente “Abile Labile”.

“’L’Orizzonte Stretto’ – racconta il leader della band Pierfrancesco Adduce – è quello di un gruppo di ragazzi di periferia, adolescenti inquieti ma senza mezzi materiali né culturali per poter spiccare un balzo fuori dalla loro realtà. Senza prospettive e privi di stimoli, legati da rapporti quasi camerateschi coi coetanei dello stesso sesso, hanno codici di comportamento e di appartenenza piuttosto involuti e rigidi. Vivono in luoghi di solito molto poco attraenti per dei possibili contraltari femminili, che tutt’al più transitano brevemente come sparute comparse, lasciando ai ‘coatti’ di quartiere il Bar Calabria, come solo possibile diversivo del sabato sera.”

Il singolo è solo una delle nove storie raccontate in “Porteremo gli stessi panni”, lavoro il cui titolo è tratto da una poesia del poeta e grande attivista politico lucano Rocco Scotellaro.

Proprio da Scotellaro e da una vicenda biografica di Pierfrancesco nascono queste ballate atipiche e ancheggianti, che spostano il suono della band milanese dai nervosismi elettrici del predecessore ad una visione sonora all’insegna del folk popolare italico e americano, una frontiera densa di tastiere liquide e acidule, hammond e organi fantasmatici, chitarre legnose e bassi massicciamente sinuosi, ma pure slide, pianoforti sghembi, armoniche e tamburi battenti ritmi originari.

Queste scelte sonore – dovute ancora una volta alla collaborazione con il produttore Giovanni Calella (Adam Carpet, Georgeanna Kalweit and the Spokes, Alessandro Grazian) – scontornano una scrittura di puro storytelling che brano dopo brano costruisce una sorta di romanzo popolare sullo sradicamento, la speranza e la perdita di sé e delle ragioni del proprio essere o essere stati, in un passato ancestrale e mitologico e in un presente accelerato e ipertecnologico sempre più spersonalizzante.

La lettura di Scotellaro – di cui sono state musicale due poesie in apertura e chiusura del disco (“Padre mio” e “Pozzanghera Nera 18 aprile”) – di Luciano Bianciardi (a cui è dedicata “La promessa”) e di Danilo Dolci, insieme ai numi tutelari di Gaber, Jannacci e Matteo Salvatore, hanno fatto poi il resto, lasciando libera di sfogarsi “una piccola epica personale” che travalica l’autobiografia per andare a cercare un significato in un mondo passato, lungo un filo rosso sangue (quello dei padri e dei figli, delle madri e dei fratelli) di canzoni sulla memoria, l’identità linguistica, il legame coi luoghi, l’evocazione attraverso i sensi, la bestemmia “come pratica lenitiva di chi può contare solo su di sé”: l’identità di ognuno che sfuma e che viene ricercata, anzi rivendicata per un sentore arcaico ben distante da ogni sciovinismo e mitizzazione.

Con un songwriting spesso di stampo neorealista e una band ancora una volta rinnovata – le new entry sono Antonio Marinelli “il Coda” alle chitarre elettriche e Michele Canali alla batteria (ma nel disco dietro le pelli c’è Dario Marchetti) accanto al bassista Paolo Libutti – i Guignol dopo quasi un ventennio di musica e canzoni rilasciano il loro disco più poetico e cantautorale. Un lavoro che ha messo le proprie radici fra le costole di chi scrive per allungare i rami sino alle altezze dei grattacieli e intercettare nell’aria digitale del presente gli scampoli di umanità – disgregata, disperata e rabbiosa, ma sempre vitale e non disposta ad arrendersi – di chi ha mantenuto lo spirito ribelle, come scriveva Scotellaro, della “turba dei pezzenti, / quelli che strappano ai padroni / le maschere coi denti.”

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