Amarcord sulla Via Emilia. A Reggio gli scatti dell’Anas


La lunga linea da Est a Ovest, che sembra segnare la rotta del Sole sulla Terra, la Via Emilia, percorsa dal 187 avanti Cristo dai legionari del console Marco Emilio Lepido, da mercanti in viaggio dal Mediterraneo o dal resto d’Europa, da coloni stanziali con i loro attrezzi e raccolti, da viandanti in cerca di fortuna e cavalieri coperti di gloria, ancora oggi – inossidabile al tempo – è luogo di identità, di lavoro e di vita per chi la percorre e per chi la abita, è cerniera fisica e simbolica tra i due mondi che l’Italia unisce e a cui l’Italia appartiene: il Mere Nostrum e il Vecchio Continente, con i loro popoli, le loro culture, i loro scambi.

E’ così importante e funziona così bene, la Via Emilia, che è stata affiancata, quasi “clonata”, in una serie di altri landmark delle comunicazioni nazionali: la ferrovia storica, l’autostrada, la ferrovia Alta velocità.
E oggi, inanellando le città che sono nate con lei 2.200 anni fa e ancor prima, la Via consolare ospita un fiume di mezzi, pubblici, privati, commerciali, a motore, elettrici, a “propulsione umana” come la bicicletta.

I rilevamenti dell’Anas, per dare un’idea precisa dell’importanza trasportisitca della Via Emilia, evidenziano numeri impressionanti: 136 mila auto e 9.200 camion, in media, ogni giorno dell’anno. Un traffico paragonabile a quello del Grande Raccordo Anulare di Roma.

Una strada, assai nota anche con la sigla SS9, su cui si muovono la vita e lo sviluppo di un sistema-regione, l’Emilia-Romagna, e di un sistema di portata nazionale e internazionale, quale l’Italia settentrionale.
Quell’intuizione di Marco Emilio Lepido, in altre parole, è oggi un asse strategico della mobilità e della logistica italiana.

Non c’è contemporaneità e non c’è futuro, senza passato e senza una piena coscienza di quel passato. Non c’è passato, d’altro canto, che non abbia nutrito speranze e idee di futuro, che sono ora il nostro presente.

Giusto dunque che la grande mostra archeologica On the road. Via Emilia 187 a.C. dedicata alla Strada consolare e al suo Fondatore – a cura di Luigi Malnati, Roberto Macellari e Italo Rota, in corso al Palazzo dei Musei Reggio Emilia fino al primo luglio prossimo – si arricchisca di nuove suggestioni proposte oggi nel Roadshow #Congiunzioni promosso in occasione dei 90 anni di Anas e realizzato dalla stessa Azienda, che fa tappa a Reggio Emilia, il 27 e 28 aprile, proponendo la mostra fotografica Mi ricordo la strada – a cura di Emilia Giorgi e Antonio Ottomanelli – con una sezione dedicata alla Via Emilia dell’Italia del Boom economico del secondo dopoguerra. La proposta di Anas si associa perciò a On the road, di cui l’Azienda ha reso possibile anche la Guida alla visita, quale arricchimento attraverso una dimensione definibile – in maniera non più di tanto paradossale – di “archeologia del contemporaneo”.

La mostra On the road. Via Emilia 187 a.C., articolata in 400 reperti, diversi dei quali di assoluta importanza storico-archeologica, offre al pubblico un racconto su due livelli: il “sotto”, ovvero la storia antica di questa colossale opera viaria, e il “sopra”, ovvero l’attualità della Via Emilia. Le immagini “storiche” che Anas propone a corredo della grande esposizione giungono a completare quel progetto culturale e allestitivo, contribuendo in maniera significativa alla sua declinazione nel Contemporaneo.

In realtà le immagini fotografiche che Anas propone appartengono anch’esse al registro del ricordo, ma ad un ricordo che permane ancora nella memoria di molti.

Offrono un intenso amarcord sulla Via Emilia nel secondo dopoguerra, tra gli anni ’50 e ’60 del Novecento. Ci riportano ad una Via Emilia calcata da biciclette e cavalli, rade auto e motociclette per arrivare fino alla Fiat 600 del boom economico che solca un’Emilia fiancheggiata da cartelloni pubblicitari che fotografano consumo e benessere. Nel racconto è tutto il territorio che si specchia in una strada operosa che diviene essa stessa paesaggio e sfondo, luogo di passaggio e costruzione, che ritrae operai al lavoro, uomini in completo affacciati sull’uscio delle porte, chiese che sorgono ai bordi della strada, case cantoniere come benevole vedette di un’Italia in perenne corsa e trasformazione. Quell’Italia che arriva fino a noi, con le varianti alla statale pensate per alleggerire il traffico dai centri abitati e il nuovo ponte sul fiume Po. Immagini in bianco e nero di un “altro ieri” che ha creato l’oggi.

“Un’occasione preziosa per celebrare – affermano Ennio Cascetta e Gianni Vittorio Armani, presidente e amministratore delegato di Anas – il ruolo fondamentale che Anas ha avuto nella modernizzazione del Paese, influenzandone lo sviluppo economico e culturale, dalla data di fondazione dell’AASS nel maggio del 1928 fino all’ingresso nel Gruppo FS Italiane a gennaio del 2018, solo l’ultimo dei passi compiuti nel processo di continua trasformazione di un’Azienda che non si è fermata mai”.

“Con questa importante nuova “sezione”, On the rod. Via Emilia 187 a.C. approfondisce ulteriormente – sottolinea Elisabetta Farioli, direttore dei Musei Civici di Reggio Emilia – la storia ma anche l’attualità della strada consolare voluta d Marco Emilio Lepido e che da lui assume il nome. Allora rappresentava la strada utilizzata dall’esercito per difendere ed espandere i confini dell’Impero ma anche uno dei primi esperimenti urbanistici dell’antichità. I nuclei urbani che si trovavano sull’itinerario erano edificati ad una distanza media l’uno dall’altro di circa 25 chilometri, corrispondenti ad una giornata di marcia dell’esercito”.

La Via Emilia fa parte di quella fitta e razionale rete di strade consolari dell’Impero romano di cui la rete Anas attuale è l’erede diretto e naturale, con tracciati che a volte riprendono gli itinerari dell’antichità.
La Strada Emilia taglia in due la regione come una spada. Da Rimini a Piacenza divide e unisce l’Emilia-Romagna per arrivare sino a San Donato Milanese in Lombardia, collegando un territorio caratterizzato da paesaggi ampi e mille paesi che appaiono come una città continua.

Per tutto il corso dell’Ottocento e del Novecento, fino ad oggi, il territorio è rimasto profondamente influenzato da quest’arteria che attraversa e fiancheggia, quasi accompagnandoli, i principali capoluoghi della regione, ad eccezione di Ravenna e Ferrara, mantenendo il ruolo di direttrice tra il nord e il centro della penisola italiana. Ad allargare gli orizzonti e i collegamenti con il resto d’Italia ci pensò anche la ferrovia che arrivò a Bologna nel 1859 via Milano-Piacenza e, nel 1864, il primo attraversamento dell’Appennino verso Firenze. In un’Italia che iniziava ad unirsi, erano le infrastrutture ad agire da collante tra i territori.

Perché da 22 secoli la Via Emilia è più una dimensione che un puro itinerario stradale.

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