“Tocca a me” è il nuovo singolo e video di Francesco Sbraccia


“Tocca a me” è la canzone che anticipa l’uscita di “Etimologia”, primo LP del cantautore teramano Francesco Sbraccia in uscita il 9 novembre per Genziana Dischi.

Con un brano onirico dalle tinte elettroniche, Sbraccia torna a collaborare con il videomaker Angelo Di Nicola dopo l’esperienza de “La tua qualità” (ormai intorno alle 20’000 riproduzioni su Youtube), stavolta sfruttando la tecnologia dei video immersivi a 360°. E’ così tutta in mano all’utente la possibilità di scegliere cosa guardare: con uno smartphone basta ruotare su se stessi per cambiare punto di vista sulla scena.

L’immersione dello spettatore nel video è sottolineata dalla coreografia – rappresentata dagli studenti Leonardo D’Ercole, Elenoire Di Mattia, Miriana Di Pietro, Elena Palombieri, Giulia Pela – del prof. Pier Paolo Trani, docente di tecniche della danza contemporanea al Liceo Coreutico di Teramo, appositamente realizzata per avvolgere chi guarda da più punti contemporaneamente.

Ancora una volta tanta Teramo, quindi, nel team creativo che affianca Sbraccia; ma c’è anche l’apporto di un’eccellenza transprovinciale: il mastering di “Tocca a me” – e dell’intero LP – è stato curato infatti da Giovanni Versari, già al lavoro con Muse, Niccolò Fabi, Negramaro e molti altri artisti di spicco del panorama musicale nazionale e internazionale.

“Ci sono momenti nella vita di ognuno in cui si mette in discussione tutto, forse troppo. E ci si ritrova svuotati. In uno di questi momenti ho scritto “Tocca a me”, uno dei brani che formano l’anima elettronica di “Etimologia”. È il viaggio verso un me stesso che mi somiglia di più. Più consapevole, più orientato, con meno paure.”

Dopo un EP in inglese, No Worries, e l’LP Backup_ripristino registrato da chitarrista con LeCeneri, Etimologia è il primo disco in italiano di Francesco Sbraccia. Nove tracce di cantautorato dalla delicatezza profonda, distillata nelle foreste abruzzesi dal chitarrista, compositore e maestro di pianoforte, che in questo suo album, ricrea un habitat sonoro ideale dove tornare a respirare, pensare e vivere.

Un’urgenza espressiva potente, meditata a lungo e poi portata all’essenziale, privata di ogni peso, tradotta in musica lieve, mai leggera. Un disco di grande respiro, che accoglie chi ascolta nel paesaggio sonoro di Sbraccia, con il suo songwriting così solido che le sue strutture si fanno invisibili lasciando spazio all’emozione, pur restando portanti.

«Etimologia è la mia reazione al bisogno di trovare un terreno stabile dentro se stessi – scrive l’autore stesso in una nota che racconta il disco – un percorso abbastanza personale da portarmi a scriverlo e registrarlo quasi interamente da solo, nello studio della Maison Electrique di Davide Grotta, una casetta immersa nel verde delle colline teramane. Tra alti e bassi, com’è normale che succeda, credo. Ma è un posto dove se un giorno va tutto male ti butti su un pianoforte a coda che scricchiola su un pavimento di legno e hai un fonico meraviglioso con cui rincuorarti e suonare un pezzo dei Radiohead, e poi ripartire a cercare l’accordo giusto».

In uscita il 9 novembre per Genziana Dischi, Etimologia innesta testi vissuti su un tessuto sonoro stratificato, dove la melodia accoglie inaspettate presenze elettroniche e le sonorità guardano quiete all’indie folk anglosassone come nella title track in cui la chitarra si adagia sulla morbidezza dei tasti bianchi e neri o in Remota, un acustico che come un tramonto all’orizzonte stempera il disco con una chiusura in dissolvenza. E intanto sorge la luna.

«La ricerca della semplicità e della sintesi è al centro del lavoro, raccontato con chitarre acustiche e atmosfere sospese tra una camera da letto e un bosco al tramonto. Musicalmente si sente la vicinanza al cantautorato indipendente americano, a quel filone di cui Sufjan Stevens e Bon Iver sono i rappresentanti, così come alla scuola romana degli anni ’90-‘00. I pezzi partono da questa base, da una dimensione intima, così che a fine ascolto è quasi come se la canzone fosse stata appena finita di scrivere».

Etimologia è costellato dalle intuizioni che emergono dal ricchissimo curriculum artistico di Francesco Sbraccia, che a un diploma in pianoforte al Conservatorio, affianca attività di composizione e insegnamento: gli arrangiamenti sono curati nel dettaglio e gli intrecci melodici di Bach e Palestrina sono stelle polari che guidano la scrittura di un disco che sa anche aprirsi al digitale navigando su rotte elettroniche.

«C’è anche tanta elettronica, a volte palesemente mostrata, a volte nascosta. In particolare per l’utilizzo del delay in maniera non convenzionale, devo molto ai Radiohead, di cui sia io che il fonico Davide Grotta – preziosissimo musicista – siamo appassionati estimatori. La parte più divertente è stata registrare in due i cori tantrici in africano (o pseudo-tale). L’abbiamo sperimentati prima in Etimologia, e poi – presi dall’entusiasmo, anche in Naturale. Hanno dato un tocco disneyano all’album che non mi dispiace».

Etimologia è un disco che è capace di parlare a tutti, grazie alla profonda onestà e trasparenza di una scrittura che arriva al cuore delle cose, alla radice, si potrebbe dire, considerato il titolo di questo lavoro di Francesco Sbraccia, le cui canzoni funzionano perfettamente in singolo, ma che lasciando scorrere la track list rivelano un disco che è un concept album, un’idea di sentire, scrivere, suonare e condividere la musica che riflette una visione del mondo e della vita.

«E’ un disco che, ho capito a posteriori, parla di rispetto; rispetto di sé, del tempo proprio e altrui, dell’amore e della cura, delle imperfezioni, della natura – Per scherzare e contestualizzarlo tra le tendenze degli anni 2010, è una cosa come lo slow-food, potrebbe essere una slow-music! – Ad un certo punto mi sono reso conto di non essere più in grado di godere del mio tempo, delle mie azioni e dei miei affetti, e insieme di cercare incessantemente una realizzazione non sapendo però in che modo ottenerla. Mi sono chiesto come fosse possibile recuperare la serenità e la soddisfazione, e ho risposto con questo disco: sono tornato alla radice della questione, alle cose che davvero mi fanno stare bene».

«Così è nata l’associazione con l’etimologia, la branca della linguistica che studia la radice delle parole, da cui il titolo del disco e di una canzone. Una seconda lettura possibile, legata alla prima, è un ritorno alle abitudini che avevano le generazioni passate; sono rimasto affascinato dai racconti della mia famiglia che descrivono come il tempo qualche decennio fa fosse scandito dai ritmi della natura. Sono ritmi che permettono agli uomini di vivere più in armonia con se stessi e con il mondo del quale fanno parte».

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