Unione europea

Acquisire il titolo di avvocato in altro Stato membro UE per beneficiare di normativa più favorevole non costituisce abuso del diritto


Lussemburgo, 1 maggio 2014. I cittadini italiani Angelo Alberto e Pierfrancesco Torresi hanno entrambi conseguito in Italia una laurea in giurisprudenza. Successivamente hanno ottenuto in Spagna il riconoscimento dell’equivalenza della stessa alla laurea spagnola in giurisprudenza (Licenciado en Derecho). Ciò li ha autorizzati a iscriversi come «abogado ejerciente» presso l’ordine degli avvocati di Santa Cruz in Tenerife.

Pochi mesi dopo essi hanno presentato al Consiglio dell’ordine degli avvocati di Macerata, in Italia, una domanda di iscrizione nella sezione speciale dell’albo riservata agli avvocati che hanno ottenuto la qualifica all’estero («avvocati stabiliti»). Le loro domande trovavano fondamento nella normativa italiana che traspone la direttiva sul diritto di stabilimento, la quale consente agli avvocati di esercitare in altri Stati membri con il titolo ottenuto nel loro Stato di origine.

Dal momento che il Consiglio dell’Ordine non aveva preso una decisione entro il termine prescritto, i signori Torresi hanno proposto ricorso dinanzi al Consiglio Nazionale Forense (CNF), il quale ha chiesto alla Corte di giustizia se la direttiva osti a che uno Stato membro rifiuti, con la motivazione dell’abuso del diritto, l’iscrizione all’albo degli avvocati, nella sezione speciale riservata agli avvocati stabiliti, di cittadini di tale Stato membro che, poco dopo aver ottenuto il titolo professionale in un altro Stato membro, ritornino nel loro Stato membro di origine.

Nelle sue conclusioni (cause riunite C-58/13 e C‑59/13), l’avvocato generale Nils Wahl spiega anzitutto perché la Corte di giustizia sia competente a conoscere della controversia sottopostale dal CNF. Pur essendo composto da avvocati e decidendo sulle domande di iscrizione all’albo degli avvocati, il CNF può tuttavia essere ritenuto sufficientemente indipendente e imparziale, in quanto sussistono determinate garanzie procedurali. Pertanto il CNF soddisfa gli stessi criteri degli organi giurisdizionali nazionali e può adire in via pregiudiziale la Corte di giustizia su questioni di diritto dell’Unione.

Nel merito, l’ag Wahl osserva che, secondo una costante giurisprudenza, il diritto dell’Unione non può essere invocato a fini abusivi o fraudolenti. La constatazione dell’esistenza di un abuso richiede il concorso di circostanze oggettive (nonostante il rispetto formale delle condizioni previste dalla normativa dell’Unione, l’obiettivo perseguito da tale normativa non è stato raggiunto) e di un elemento soggettivo (la volontà di ottenere un vantaggio derivante dalla normativa dell’Unione mediante la creazione artificiosa delle condizioni necessarie per il suo ottenimento). Spetta al giudice nazionale accertare l’esistenza dei due elementi suddetti conformemente alla normativa nazionale, a condizione che l’efficacia del diritto dell’Unione non ne risulti compromessa.

In tale contesto, l’avvocato generale ricorda che lo scopo della direttiva è quello di facilitare l’esercizio permanente della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello nel quale è stata acquisita la qualifica professionale. Il diritto dei cittadini di scegliere lo Stato membro nel quale desiderano acquisire il loro titolo professionale è inerente all’esercizio, in un mercato unico, delle libertà fondamentali garantite dai trattati dell’Unione.

La direttiva ha realizzato la completa armonizzazione dei requisiti preliminari all’esercizio di tale diritto. La presentazione all’autorità competente dello Stato membro ospitante (nella fattispecie l’Italia) di un certificato di iscrizione presso l’ordine dello Stato membro di origine (nella fattispecie la Spagna) è l’unico requisito necessario per l’iscrizione nello Stato membro ospitante, che consente alla persona di esercitare la sua attività in quest’ultimo Stato con il suo titolo professionale di origine. È ininfluente, ai sensi della direttiva, il fatto che l’avvocato abbia la cittadinanza dello Stato membro ospitante. Il legislatore dell’Unione non ha infatti inteso consentire agli Stati membri di attuare discriminazioni alla rovescia escludendo i propri cittadini dai diritti conferiti da tale direttiva.

Inoltre la Corte ha già statuito che la direttiva non consente che l’iscrizione di un avvocato nello Stato membro ospitante possa essere subordinata a ulteriori condizioni (come ad esempio un colloquio inteso ad accertare la padronanza della lingua o lo svolgimento di un determinato periodo di pratica o di attività come avvocato nello Stato membro di origine). Se non è richiesta alcuna precedente esperienza per esercitare, ad esempio, come «abogado» in Spagna, non vi è ragione di richiedere una tale esperienza per esercitare con il medesimo titolo professionale («abogado») in un altro Stato membro.

A tal riguardo, non può essere attribuita alcuna importanza al fatto che l’avvocato intenda approfittare di una normativa estera più favorevole o che presenti la domanda di iscrizione all’albo poco dopo aver ottenuto il titolo professionale all’estero.

Pertanto l’avvocato generale ritiene che una prassi come quella italiana possa pregiudicare, in tale Stato membro, il corretto funzionamento del sistema creato dalla direttiva e quindi compromettere seriamente i suoi obiettivi.

Wahl sottolinea tuttavia che, qualora le autorità dello Stato membro ospitante, in un caso specifico, sospettino una condotta fraudolenta e, in seguito a un’indagine approfondita, accertino che ricorrono entrambi gli elementi, oggettivo e soggettivo, di un abuso, non è loro precluso respingere una domanda in ragione di un abuso del diritto. In tali casi specifici, la direttiva prevede anche la possibilità di chiedere la collaborazione delle autorità dello Stato membro in cui il titolo è stato ottenuto.

L’avvocato generale conclude pertanto che la direttiva sul diritto di stabilimento degli avvocati non ammette la prassi di uno Stato membro di rifiutare, con la motivazione dell’abuso del diritto, l’iscrizione all’albo degli avvocati, nella sezione speciale riservata agli avvocati che hanno ottenuto la qualifica all’estero, di cittadini di tale Stato membro che, poco dopo aver ottenuto il titolo professionale in un altro Stato membro, ritornino nel loro Stato membro di origine.

Le conclusioni dell’avvocato generale non vincolano la Corte di giustizia. Il suo compito consiste nel proporre alla Corte, in piena indipendenza, una soluzione giuridica nella causa per la quale è stato designato. I giudici della Corte cominciano adesso a deliberare in questa causa.

Il rinvio pregiudiziale consente ai giudici degli Stati membri, nell’ambito di una controversia della quale sono investiti, di interpellare la Corte in merito all’interpretazione del diritto dell’Unione o alla validità di un atto dell’Unione. La Corte non risolve la controversia: spetta al giudice nazionale risolvere la causa conformemente alla decisione della Corte. Tale decisione vincola egualmente gli altri giudici nazionali ai quali venga sottoposto un problema simile.

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