Gli Androidèi: i robot immortali nella street art di Pixelpancho in mostra alla Galleria Varsi


Inserita dal New York Times nella guida “36 Hours in Rome”, la Galleria Varsi è tra le più giovani realtà che producono street culture nella capitale. Nata nel 2013, continua a rivolgere il suo sguardo alla scena underground, accogliendo i migliori artisti del momento.

Dal 19 febbraio al 3 aprile ospiterà “Androidèi” la mostra personale di Pixelpancho, consacrato tra gli street artists italiani più conosciuti e apprezzati al mondo, con oltre 100.000 followers su Instagram.

Oltre ad aver partecipato ad alcuni dei principali festival di street art, numerose sono le sue esposizioni nelle più prestigiose gallerie d’arte internazionali – Europa, Stati Uniti e Centro America – tra cui la Hoerle – Guggenheim di New York e Stolen Space di Londra.

Pixelpancho arriva a Roma con la sua inconfondibile tag, un piccolo androide.
Ma chi sono gli “Androidèi”?

A raccontarlo ci pensano le opere di Pixelpancho all’interno delle quali i Robot e gli dèi si incon­trano per fondersi in un’unica entità soprannaturale. L’uomo è protagonista senza mai comparire in carne ed ossa, la sua pelle sensibile diviene ferro, il suo animo ingranaggio. “Il corpo umano è interessante da un punto di vista anatomico – ha dichiarato Pixelpancho in un’intervista – il modo in cui funziona è veramente affascinante e ispira tutti i miei disegni”.
Spiegare i fenomeni della natura e il ciclo della vita è una necessità intrinseca degli esseri umani che da mil­lenni creano e si appellano a creature supreme per cercare risposte e certezze. Queste creature si evolvono con il passare dei secoli, in relazione alle esigenze legate alle culture che le producono.
È in questo senso che l’uomo proietta sui robot il suo desiderio di perfezione e immortalità. “I robot non muoiono – spiega l’artista – sono ciò che rimane una volta che ce ne saremo andati”.

I robot sono i nuovi dèi.

Prosegue così la riflessione dell’artista torinese sull’uomo, espressa nel tempo attraverso metafore visionarie. Una ricerca che si fonda su una rappresentazione fantastica della realtà e che la trascende per raccontarla attraverso le 19 opere che saranno presenti all’interno della mostra: dipinti in acrilico su pannelli di legno, sketch e incisioni su carta e una scultura in gesso, ceramica e ferro. In linea con il tema della mostra, la Galleria Varsi si trasformerà in una domus romana: le opere si sostituiranno agli affreschi, la natura prenderà possesso dello spazio in un luogo colmo di suggestioni. “Punto di forza della Galleria – ha dichiarato Massimo Scrocca, il fondatore – è proprio la continua mutazione che apportiamo allo spazio, tra installazioni e dipinti sui muri interni, dando così la sensazione al fruitore di entrare a contatto direttamente con la visione dell’artista”.

L’artista realizzerà inoltre un murales nel quartiere Primavalle, in collaborazione con il collettivo Muracci Nostri e gli artisti e realtà locali per portare nella periferia del territorio l’impatto e le suggestioni della street art che ne racconta così storia, simboli e memorie

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