Il 15 settembre del 2006, si spegneva nella sua Firenze Oriana Fallaci. Sulla sua lapide, si legge, secondo i suoi desideri: “Oriana Fallaci scrittore”. Scrivere per lei era ciò che aveva sempre sognato di fare. “Mi sono sempre sentita scrittore, ho sempre saputo d’essere uno scrittore”, sono le sue parole di bambina cresciuta in una casa piena di libri, pagati a rate dai genitori. “Due genitori molto coraggiosi, fisicamente e moralmente”, ispiratori degli ideali libertari che furono i capisaldi della sua formazione come giornalista, scrittrice, donna.
Era molto legata alla sua città. Si descriveva così in un articolo pubblicato sull’Europeo per rimarcare il legame mai interrotto con Firenze e le sue origini: “Sono nata a Firenze il 29 giugno 1929 da genitori fiorentini (…). Fiorentino parlo, fiorentino sento. Fiorentina è la mia cultura e la mia educazione. All’estero quando mi chiedono a quale paese appartengo rispondo Firenze. Non Italia. Perché non è la stessa cosa”.
Oriana Fallaci era una giornalista senza mezzi termini, diretta, scomoda perché diceva lei: “per esser buona un’intervista deve infilarsi, affondarsi nel cuore dell’intervistato”. Era una cittadina del mondo. Mondo che seppe raccontare sotto mille sfumature diverse ma sempre dal suo personale punto di vista.
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