“MOW – Men on Wheels”, la nuova testata del gruppo AM Network, ha intervistato l’attore Vinicio Marchioni che ha raccontato la sua storia e il suo percorso per diventare attore che sta compiendo ancora oggi e soprattutto, senza peli sulla lingua, ha sferrato una dura critica contro il sistema cinema e il modo di fare tv oggi in Italia.
Diventato noto per la sua partecipazione alla serie TV Romanzo Criminale, quando ancora non era un attore conosciuto dal grande pubblico, si sfoga e punta il dito contro il governo: “Devono capire che la cultura può essere sia spettacolo sia educazione”. In Italia si tende a rimanere sempre nella confort zone di prodotti di sicuro successo, secondo Marchioni “serve un sistema produttivo, che in Italia tendiamo a direzionare verso prodotti dal tema sicuro, vedi Suburra o Gomorra, e poi c’è un altro problema, fondamentale, il livello di scrittura. Noi non abbiamo una scuola di sceneggiatori. Oggi non scriviamo più pensando ai protagonisti”.
Perché? Lui risponde con sincerità: “Prendi il film Quasi amici. Prova ad andare a proporre la storia di un paraplegico portato in giro da un nero che insieme scherzano su Hitler. Qui ti guarderebbero come se fossi un alieno. Il problema è che nessuno si chiede il come si fanno le cose, non è mai il cosa, cazzo, è il come. È già stato fatto tutto, non c’è niente da inventare. Possiamo raccontarlo meglio, questo è il punto. Invece le storie che scriviamo in Italia sono sempre in relazione al che cosa va e alla tendenza del momento. Adesso va il crime? E via col crime. Adesso va il family? E via col family. Non pensiamo più a creare un personaggio e la colpa è del sistema. Perché se tu sceneggiatore per 20 anni hai provato a proporre una roba folle e diversi produttori te l’hanno bocciata, ognuno con una scusa diversa, il tuo immaginario giocoforza scende, va al ribasso, ti autocensuri”.
E rincara ancora la dose: “Per chi ci governa e chi produce, non sei più figo se produci più bellezza ma se fai più soldi. E negli anni la qualità e l’economia si sono separati: se fai cose che funzionano economicamente devono essere brutte”.
Questo è anche il motivo per il quale, secondo Marchioni, molti attori tendono a non andare in TV: «Io ci andrei in un programma televisivo se solo sapessi che non fa intrattenimento per narcotizzati. Ecco perché molta gente di cinema non si mette in mostra, perché si protegge. In Italia ancora oggi mi chiedono: Vinicio Marchioni, nel 2020 cosa preferisci fare, teatro o cinema? Ma vallo a chiedere ad Al Pacino cosa vuole fare, vedi che ti risponde: ma che domanda è. Negli altri Paesi non c’è la differenza tra cinema e teatro”.
Fa due esempi a stelle e strisce: “Il primo: nell’ultimo anno di Obama presidente, la consegna del premio al miglior attore degli Oscar l’ha fatta Michelle Obama in collegamento dalla Casa Bianca, e questo significa che c’è una nazione dietro al sistema cinema”. Il secondo “L’altra sera, in prima serata sulla BBC, di sabato alle 21, c’era una sfilza di attori, quello più scarso avrà avuto 3 candidature all’Oscar, entravano in scena uno alla volta per dire soltanto To be or not to be: William Shakespeare, teatro, cinema e televisione tutto insieme. Questo è fare cultura, portare avanti le tradizioni, innovare ed educare”.
Questo per lui è fare cultura: “Eduardo De Filippo, l’attore italiano più glorificato al mondo, su Rai 1 si metteva davanti a una lavagna e spiegava il plot di quello che il pubblico avrebbe visto. Ai tempi eravamo un popolo di analfabeti e in questo modo cercavamo di innalzare il livello culturale. Ma ce lo siamo dimenticati che siamo tornati a essere uno dei popoli più ignoranti d’Europa?”.
E ancora: «Perché gente come la Carrà, Pippo Baudo e Luciano De Crescenzo non ci sono più? Perché gente come Arbore non fa tv? Dove è finito Gianni Minà? Basterebbe poco. Basterebbe fare studiare i giovani con Minà, con Arbore, con i vecchi direttori della Rai. Questo Paese i vecchi li accudisce, li sopporta, gli dà la pensione, ma non li usa e io se a 25 anni avessi avuto la possibilità di parlare con Gassman, Mastroianni, con Manfredi e Visconti, forse qualcosa in più saprei».
Marchioni è assolutamente convinto “che ci vuole una rivoluzione di chi governa, di chi decide che la tradizione culturale italiana può essere sia spettacolo sia educazione. […] Per il ministero del nostro lavoro, la figura professionale dell’attore non esiste, per nessuna legislazione e per nessuna legge, siamo equiparati a spettacolo, arte varia, alle sale bingo. Per il pubblico noi siamo quelli con le ville, con la piscina, che non fanno niente, ma costruire un ruolo è un lavoro enorme, ogni personaggio lo devi costruire dentro di te come mio nonno faceva con le case, capire che musica avrebbe ascoltato, che scelte avrebbe fatto, che psicologia avrebbe avuto.”.
L’attore ha parlato anche molto di sé nell’intervista, iniziando da un evento traumatico, la perdita del padre a 15 anni, e racconta quanto è stato importante per lui crescere in mezzo a tutte donne. E poi ancora i sacrifici che ha fatto per realizzare il sogno di fare l’attore che ancora oggi cerca di guadagnarsi giorno per giorno. Parla anche proprio di cosa significa per lui essere attore, un mestiere che si fa in solitudine e quindi l’insegnamento ancora valido per lui è recitare sempre per sé stessi, perché come afferma a fine intervista: “La rivoluzione più importante è quella dentro di noi. Il coraggio è fottersene dei meccanismi comunemente intesi come adeguati e accettati”.