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In viaggio con Gimbo, “Come l’uomo della Luna” è la ricerca di un mondo reale


“Lontano da tutto” è il capitolo conclusivo dell’album “Come l’uomo della Luna” di Gimbo, pubblicato a inizio anno per Redgoldgreen.

Tre videoclip, tanti ospiti e una valigia piena di strumenti musicali raccolti durante i suoi viaggi intorno al mondo. Giampietro Pica, questo il vero nome del musicista romano, fa un bilancio di questa esperienza partendo dalle sue canzoni per arrivare alla situazione della musica dal vivo, commentando anche l’imminente Festival di Sanremo.

Il tuo ultimo singolo è “Lontano da tutto” in cui hai voluto omaggiare il cinema del Fantastico. Mi viene in mente il regista Georges Méliès, che fece pure un film di fantascienza legato alla Luna. Sei un amante del cinema? Quale genere prediligi? Chi ha realizzato il video?

Assolutamente sì. In questo periodo, sarà un po’ l’effetto carenza di musica dal vivo, sto guardando molti film riguardanti la vita di artisti, musicisti e band e, come alcuni libri sul tema, li trovo straordinari. Spesse mi danno la conferma di come la musica non sia un “fenomeno” storico di poco conto, anzi.

Per quanto riguarda la fonte di ispirazione del mio video “Lontano da tutto”, hai citato giustamente Georges Méliès ma, per guardare ai giorni nostri, c’è un videoclip musicale, che a sua volta è ispirato a “Viaggio sulla luna” e che ricordo sempre con piacere, che è “Tonight, Tonight” degli Smashing Pumpkins.

Direi che è un omaggio multiplo, soprattutto perché ci sarebbero ancora molti riferimenti artistici da citare. Il video è stato realizzato da Alternative Production, con l’importante collaborazione dell’artista e scenografo Mouhim Hicham e di Baburka Factory.

I numerosi riferimenti al cielo e al mondo sopra di noi possono essere visti anche come un invito ad alzare lo sguardo dai cellulari? Qual è il tuo rapporto con i social?

Devo dire che “Lontano da tutto”, così come l’album “Come l’uomo della luna”, risente di esperienze vere, per cui è certamente in sintonia con uno sguardo “non filtrato” del Mondo.

Anzi, direi che è espressione della ricerca di un Mondo reale che, in molti casi, è distante dalla dimensione virtuale. Il paradosso è che il disco sia stato poi promosso ricorrendo anche agli strumenti contemporanei che passano per il web.

Ma lo abbiamo fatto considerandolo come strumento di divulgazione di esperienze reali e non per altro. Ecco direi che il mio rapporto attuale con i social è questo, li considero come strumento per far conoscere qualcosa di vero.

Direi che la linea comune del disco è la volontà di allargare gli orizzonti spaziali, sia in verticale appunto ma anche in orizzontale dato che il tema del viaggio è centrale, è stato il motore che ti ha portato a scrivere questo concept album. Quanto hai imparato a contatto con altre culture e come ti senti migliorato anche umanamente?

Più che imparato, direi che sono stato “impressionato”. Come una foto porto su di me i riscontri di ciò che ho vissuto. A volte più consapevolmente e lì c’è il racconto confluito in alcuni brani del disco. I suoni ed i testi hanno cercato di esprimere il coinvolgimento emotivo e le scoperte culturali.

Non saprei se tutto questo mi abbia migliorato, probabilmente è più un cambiamento di cui si scopriranno i risvolti nel tempo.

Sicuramente questa contaminazione culturale si è riversata anche nella tua musica, il Sud America è molto presente. Quali strumenti hai usato per rendere le sonorità di quel continente?

Il Sud America è presente in un percorso musicale che ci porta dall’Europa all’America (e ritorno). Nel disco sono rappresentati diversi stili che dialogano tra loro, c’è il folk come il reggae o il latin.

Per esprimere tutto questo ci siamo affidati alle corde di vari strumenti: dalle chitarre acustiche, elettriche e classiche, al banjo, al charango o al cavaco, all’ukulele e così via. In altre parole, è stato un lavoro che ci ha fatto viaggiare parecchio.

Chi è Satià e in che modo possiamo identificarci in questo personaggio?

Satià è un bambino appartenente alla tribù Shipibo Conibo che si trova in piena Amazzonia peruviana. Quello che voglio ricordare è che li i bambini in poco tempo devono già pensare da adulti.

L’esperienza di vita si rivolge, in molti casi, alla sopravvivenza. Detto ciò Satià, insieme a John e Wagner e a tutta la tribù, mi hanno dato più di un insegnamento di vita, soprattutto sul senso dell’amicizia, perché poter contare su qualcuno è un valore (questo è).

Dove e come è stato registrato il coro di bambini che troviamo in “Voces” e cosa dice il testo?

È stato registrato direttamente da cellulare (è un video) nella scuola per il recupero e la conservazione delle radici, delle tradizioni e della cultura Shipibo in un villaggio vicino Pucalpa. Il canto è di benvenuto e le parole sono in lingua Shipibo. Per me ha un valore enorme perché è una testimonianza più che un brano.

La musica oggi purtroppo è molto usa e getta, dacci almeno tre motivi per convincere chi ci legge a soffermarsi su questo disco e ascoltarlo con attenzione

Beh, posso dire perché io ascolterei il disco, che poi è la stessa ragione per cui ascolto nuova musica (anche underground).

Anzitutto per la curiosità che mi porto dietro e poi per l’idea di voler concedere una chance, soprattutto a chi non conosco. In questo caso, devo dire che c’è un lavoro di arrangiamenti e testi da scoprire, però è un disco che deve essere ascoltato nel tempo più volte per essere capito.

Per questa ultima ragione non credo sia “moderno” ma credo che sia in grado di creare dei legami come altri dischi definiti “preferiti”. Io ed alcuni amici lo consideriamo un “disco da viaggio” e se viaggerete, come vi auguro di fare frequentemente, magari potrete dargli un’occasione in più d’ascolto.

Ci saranno concerti nel 2022? Pensi che il settore possa ripartire a pieno regime e che non sia stato aiutato a sufficienza finora?

Ecco questa è “la domanda”. Non so che dire, ormai è diverso tempo che conviviamo con questa situazione. L’estate passata è stata un annullamento continuo di date. Spero che il futuro sia diverso per tutto e tutti.

È uscito il cast del Festival di Sanremo, hai pensato di proporti? Ti piacerebbe calcare il palco dell’Ariston e se tu dovessi scegliere un compagno di viaggio per quest’avventura chi sarebbe?

Sono tra quelli che vedono il Festival e ascoltano le proposte. Devo dire che ci sono sempre soprese e poi fa anche un effetto amarcord che non mi crea problemi.

Ho sempre pensato che si debba provare a proporre la propria musica il più possibile e come dice chi ne sa più di me “tutto fa Broadway”, quindi, se ce ne fosse l’occasione, perché non provarci! Detto ciò lasciamo che Sanremo faccia il suo per tutto il mondo della musica, al quale non posso che fare un grosso “in bocca al lupo”.

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