Niccolò Paganini, virtuoso violinista acclamato in tutta Europa e famigerato donnaiolo, è all’apice della sua carriera e il suo nome è spesso collegato agli scandali amorosi, di cui si è reso protagonista. Poiché gli manca ancora fama a Londra, il suo manager Urbani fa sì che l’impresario inglese John Watson e la sua amante Elisabeth Wells rischino il tutto per tutto nel proporre la musica del violinista. Grazie alle recensioni entusiaste di Ethel Langham, Paganini ottiene più successo di quanto immaginava e, costretto a nascondersi da orde di ammiratori, si rifugia in casa di Watson, dove conosce la di lui figlia Charlotte. Cantante di talento, Charlotte incanta Paganini ma ciò causa qualche preoccupazione di troppo in Urbani, che comincia a predisporre un diabolico piano.
Il violinista è vero, è molto bravo, esecutore delle performance da lui stesso anche arrangiate. Non un attore però; la sua recitazione è faticosa, schematica, elementare nel passaggio dallo stato d’ebbrezza stupefacente alla “normalità”. Purtroppo si naviga a vista anche sul resto e assistiamo alla storia del patto col diavolo rimpiangendo Klaus Kinski e il suo delirante “Paganini” finché a un certo punto si perde curiosità per tutto quel che accade, anche per l’arrancare di una regia senza ritmo nonostante il dimenarsi, capelli al vento, di Garrett. Peccato, davvero. Bernard Rose resta un autore interessante ma “Il violinista del diavolo”, nonostante Rose ne parli come di un progetto molto personale, è un passo falso.
Con David Garrett, Jared Harris, Joely Richardson, Christian McKay, Veronica Ferres, Helmut Berger, Olivia d’Abo.
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