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Paolo Crepet al Todi Festival: chi non accetta l’Europa delle diversità è folle o in malafede


Bruxelles, 22 agosto 2015. Lo psichiatra Paolo Crepet interverrà al dibattito dal titolo “Storia dell’idea d’Europa da Adenauer alla Merkel”, che si svolgerà oggi, 22 agosto, al Todi Festival, presso la Sala del Capitano alle ore 19.00.

“La politica è una sottospecie della psicologia – sostiene Crepet – Tutto ciò che attiene alle relazioni dovrebbe conoscere le regole della psicologia, per esempio conoscere come sono fatte le persone e come si comportano. Si scoprirebbe, in questo caso, che non c’è niente di strano che Schäuble sia rigido e razionale, che passeggiando a Berlino non si trova una sigaretta per terra e che i bar ti fanno gli scontrini anche per un caffè.”

Lo psichiatra pone poi l’accento sul carattere unificatore dell’Europa: “Io sto bene nell’Europa perché c’è l’una e l’altra cosa; solo un pensiero distorto può credere che l’Italia o il nostro Continente starebbe meglio dividendosi. L’Italia che unisce caratteri diversi, culture diverse, bellezze e sensibilità difformi è l’Italia che dobbiamo impegnarci a costruire. L’Europa ha senso perché mette insieme la Norvegia con Lampedusa; chi la pensa diversamente o è un folle o è in malafede”.

Un dibattito dai toni accesi a cui prenderanno parte anche Francesco Cerasani, ricercatore in relazioni internazionali a Bruxelles, e Dario Fabbri, consigliere redazionale della rivista di geopolitica Limes. I due esperti illustreranno il ruolo assunto dalla Germania nel cambiamento degli equilibri geopolitici, ieri, durante la Guerra fredda tra i due blocchi, e oggi fra gli Stati Uniti di Obama e la Russia di Putin.

Leader europeo o guida mancata, in un Europa sempre più verso lo sfacelo? Le posizioni dei relatori, dunque, si preannunciano divergenti.

“La Germania non sa essere una vera guida per l’Europa e questo dipende da ragioni storiche, geografiche e psicologiche”, afferma Dario Fabbri. “A impedirle di diventare il leader europeo è già solo l’immagine che dà di sé, come abbiamo visto in occasione della crisi greca: siamo ben lontani dal poter dire che ci sia un sogno tedesco tra i cittadini europei. Anzi negli ultimi anni sono riemersi i peggiori stereotipi anti-tedeschi”. “Proprio per questo – continua Fabbri –  la Germania non è riuscita a trasformarsi in un brand vincente, non ha un approccio universale, e nelle vicende internazionali tende a chiudersi in fortezza, continuando a considerarsi un paese in sé”.

Una posizione molto distante da quella di Cerasani. “Il motore europeo – spiega quest’ultimo – è storicamente quello franco-tedesco, tuttavia dai tempi di Sarkozy la crisi politica economica della Francia ha fatto venir meno il ruolo francese, anche se tuttora la relazione tra Merkel e Hollande è molto stretta”.

Forse la Germania oggi sembra in sofferenza alla guida dell’Europa conclude il ricercatore – perché manca del forte contrappeso francese. Di certo sono preoccupanti i toni e le interpretazioni nazionaliste, a volte addirittura razziste, che sembrano riemergere in questi mesi, anche in Italia, contro la realtà tedesca, che di certo potrebbe fare di più  per essere un credibile leader europeo: essa stessa sembra invece riluttante ad andare fino in fondo nella conquista di un ruolo del genere. Probabilmente, anche per ragioni di mantenimento del consenso elettorale, la stessa Merkel non ha il coraggio di andare oltre nell’apertura, dal punto di vista economico, ma non solo, delle proprie politiche e nell’esportazione dei propri modelli che, senza dubbio, funzionano bene. Con la sua storia di paese federale che si è riunito e ha riconquistato la propria forza e indipendenza dopo la guerra, la Germania può essere in qualche modo precorritrice del futuro dell’Europa”.

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