Le opere di Jheronimus Bosch in mostra a Venezia


Una Venezia colta attratta, nel Cinquecento, dal mistero e da visioni oniriche. Oltre 50 opere da tutta Europa ruotano attorno ai tre capolavori “veneziani” di Bosch, restituiti al loro splendore. Una straordinaria tecnologia immersiva e app con realtà aumentata e virtuale per una visita ancora più emozionante.

Visioni inquietanti, scene convulse, paesaggi allucinati con città incendiate sullo sfondo, mostriciattoli e creature oniriche dalle forme più bizzarre: è questo l’universo di Jheronimus Bosch affascinante ed enigmatico pittore vissuto tra il 1450 circa e il 1516 a ’s-Hertogenbosch (Boscoducale) in Olanda, ricordato in occasione dei 500 anni dalla morte con due grandi mostre monografiche, rispettivamente nella città natale e al Prado di Madrid.

A questo straordinario artista, Venezia, unica città in Italia a conservare suoi capolavori, dedica a Palazzo Ducale dal 18 febbraio al 4 giugno 2017 una mostra di grande fascino per il pubblico e di notevole rilevanza per gli studi, il cui punto focale sono proprio le tre grandi opere di Bosch custodite in laguna alle Gallerie dell’Accademia – due trittici e quattro tavole – riportate all’antico splendore grazie a una importante campagna di restauri finanziata dal Bosch Research and Conservation Project (brcp) e dalla Fondazione Getty di Los Angeles: Il martirio di santa Ontocommernis (Wilgefortis, Liberata), Tre santi eremiti e Paradiso e Inferno (Visioni dell’Aldilà).

“Jheronimus Bosch e Venezia” co-prodotta dalla Fondazione Musei Civici di Venezia e dal Museo Nazionale Gallerie dell’Accademia di Venezia, con il patrocinio del Dipartimento di Culture e Civiltà dell’Università di Verona, grazie agli spettacolari capolavori boschiani e alle quasi 50 opere di contesto provenienti da importanti collezioni internazionali pubbliche e private – dipinti tra gli altri di Jacopo Palma Il Giovane, Quentin Massys, Jan Van Scorel, Joseph Heintz, disegni e bulini straordinari di Dürer, Bruegel, Cranach e Campagnola, bronzi e marmi antichi, preziosi e rari manoscritti e volumi a stampa – condurrà i visitatori a scoprire una città che accanto al classicismo tizianesco e al lirismo tonale inseguiva una passione dotta per il tema del sogno e le visioni oniriche; chiarirà i collegamenti tra le Fiandre e uno dei più raffinati e colti protagonisti della scena veneziana, il Cardinale Domenico Grimani che volle i capolavori dell’artista; mostrerà le connessioni di questo ambiente culturale con la cabala ebraica e la cultura giudaica in generale; rievocherà i salotti e le straordinarie collezioni che a Venezia diventavano luogo e occasione di discussioni e scambi d’opinione, di natura filosofica e morale.

L’intervento conservativo non ha solo consentito infatti una migliore leggibilità delle opere ma ha portato anche alla luce una serie di indizi fondamentali per ripensare le molte questioni sospese: sulle origini e il significato dei lavori dell’artista, sulla presenza di tali opere a Venezia ma anche sull’impatto di Bosch sull’arte italiana.

Bosch e Venezia risulta dunque un capitolo chiave nell’iter ancor pieno di punti interrogativi del grande pittore fiammingo, come è spiegato con dati nuovi e inediti nel catalogo e nella mostra, curata da Bernard Aikema con il coordinamento scientifico di Gabriella Belli e Paola Marini. Una mostra emozionante, che tra visioni infernali, “chimere e stregozzi”, per usare le parole di Anton Maria Zanetti, ci porta a riscoprire un’arte volutamente enigmatica e una cultura figurativa assolutamente ambigua che non smette di incuriosire, di far discutere, di meravigliare.

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