Tornano i Perfect Cluster con il nuovo disco “Flow”, in uscita il 15 settembre


A cinque anni dal precedente “Noise Pleasure”, e dopo diverse esperienze live sia in Italia che all’Estero, tornano i Perfect Cluster con un nuovo disco intitolato “Flow”, in uscita il prossimo 15 settembre e anticipato in questi giorni dal singolo radiofonico “Speed”, “una canzone sulla metanfetamina. E una voce che svela cosa c’è dietro il suo aspetto apparentemente cool”.

Undici brani che sono la naturale evoluzione del loro suono, partito da una matrice più “morbida” di natura ambient/sperimentale e ora diretta verso un mood decisamente più duro, che si muove fra l’alternative rock, l’elettronica, l’industrial e il progressive. Un flusso multiforme che è anche quello scorrere delle vite di ognuno indicato dal titolo e descritto nel flusso di coscienza dei testi, fra cambiamenti, crisi e rinascite.

Sono queste le coordinate di una band che ha origine dalla curiosità di tre musicisti di estrazioni musicali profondamente diverse. Riccardo Chiarucci (voce ed elettronica) proviene dal grunge anni ’90 di Pearl Jam e Soundgarden ma è attento al panorama elettronico dell’ultimo decennio. Luca Cecchi (chitarre elettriche e acustiche) inietta umori blues e chitarrismo settantiano sulle orme di band come Led Zeppelin e King Crimson. Ian Da Preda (vibrafono, Xylosynth™, tastiere, batteria elettronica) trae la propria ispirazione dal jazz, dal rock progressive e dalle colonne sonore cinematografiche, dividendosi tra Italia e Inghilterra, dove collabora con alcuni prestigiosi esponenti della scena jazz londinese e con la band Mister Susan.

L’amalgama di ciascuna visione musicale genera il suono dei Perfect Cluster, spesso tellurico e imponente, quasi sempre ombroso e metropolitano, con alcuni improvvisi e magici squarci di luce e frequenti lande strumentali dove perdersi.

Gran parte delle sonorità del disco nascono da registrazioni e performance effettuate con device analogici: in particolare, rispetto al primo album, vi è un accantonamento quasi totale delle strumentazioni digitali, in favore di apparecchiature dal suono più caldo e trascinante, come sintetizzatori Moog, Roland, ElkaSynth P15 e Synthetone, con i quali vengono create tutte i groove ritmici e le textures elettroniche dell’album.
Altre novità fondamentali sono l’introduzione del vibrafono acustico, della chitarra acustica, di svariate tastiere vintage come Hammond e pianoforti elettrici, nonché di una seconda voce femminile che allarga il respiro delle soluzioni vocali.

Il trio ha scelto diversi studi fra l’Italia e l’Inghilterra per registrare le varie parti del disco, rispondendo ad una forte volontà di sperimentazione che è coincisa con una non meno importante ricerca del miglior suono possibile.
Lungo la tracklist il personaggio principale è l’ascoltatore, guidato dalla voce come in una sorta di viaggio dentro i sogni del subconscio, là dove opporsi alle cadute esistenziali non è sempre possibile. Tuttavia, nonostante questa guida, i testi sono stati scritti lasciando a chi ascolta la libertà d’interpretare e di leggere nelle parole e nelle ambientazioni sonore uno o più scampoli della propria vita. Per perdersi in un flusso esistenziale che coincide con la chiusura del disco di “Magic Paper” e “After The Suicide”, quest’ultima collegata a “Suicide Risk” dell’album precedente. Là veniva descritto uno stato di coscienza pre-suicidio con una voce narrante che cercava di dissuadere dal gesto. Qui invece vengono tratteggiati gli stati d’animo immediatamente successivi all’atto, quando la liberazione dal non-senso diviene una presa di coscienza per tornare a vivere.

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