“Il conte Paolo di Grazia, durante un ricevimento nella sua villa sul lago di Como, dichiara che non esiterebbe ad uccidere la moglie Savina, qualora questa lo tradisse. La sera stessa, davanti agli ospiti, coglie Savina in flagrante adulterio…”
Scritto nel 1913 da Chiarelli, La maschera e il volto è uno dei fondamenti del teatro grottesco italiano del primo ‘900, fiancheggiatore e divulgatore dei temi pirandelliani della disgregazione dell’identità sociale e psicologica dell’individuo: l’autore fustiga l’ipocrisia etica e comportamentale dell’aristocrazia e della classe alto borghese.
La messa in scena sottolinea l’astrazione dal contesto ambientale per meglio concentrare l’attenzione sulla paradossalità della struttura, il ritmo altalenante tra commedia sofisticata e dramma filosofico, le contaminazioni con l’impianto del giallo (sia pure assurdo) e la deriva farsesca di alcune situazioni. Coltiva la varietà di tono e di genere per illuminare contrappunti scenici, raddoppiamenti di senso, parallelismi dell’azione e le diverse sfumature di personaggi vivi ed emozionati dietro l’apparente rigido schematismo di una tesi. La matematica del teorema, le conseguenze meccaniche di un congegno bene impostato sono agghiacciate dal soffio della morte che aleggia per tutto il percorso scenico sulle caduche vicende sentimentali e mondane dei protagonisti.
Appuntamento dunque con La maschera e il volto per la regia di Andrea Pergolari al Teatro Anfitrione a Roma dal 24 al 28 ottobre, feriali ore 21 – festivo ore 18.
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