Il festival del cinema di montagna si prepara ad alzare il sipario sulle vette del mondo


Breuil – Cervinia e Valtournenche dall’1 al 6 agosto 2020

Grandi alpinisti del presente e del passato sul palcoscenico e nelle pellicole, molte delle quali in anteprima italiana e mondiale: il 23° Cervino CineMountain quest’anno sale ancora più in alto per raccontare il limite umano e sportivo di chi vive e sfida le terre alte del mondo.

Con i suoi 2000 metri di altezza non gli basta essere il Festival del cinema di montagna più alto d’Europa, quest’anno il Cervino CineMountain sale ancora più in alto per raccontare l’epicità dell’avventura e la sua messa in scena cinematografica, portando lo spettatore nel luogo stesso in cui il mito della montagna incontra la verità storica. E lo fa attraverso le storie degli alpinisti ospiti, da Mauro Corona ad Hans Kammerlander, da François Cazzanelli a Didier Berthod, passando per il funambolo Antoine Le Menestrel, ma anche narrando dei popoli di montagna, degli esploratori del possibile e dell’impossibile, eternamente proiettati verso un altrove remoto e sconosciuto, un orizzonte che ad ogni passo si sposta un passo più in là. E di grandi spedizioni, miracolosi salvataggi ai confini con il cielo, come di grandi piccole sfide di eroi normali.

Sul palcoscenico salirà Mauro Corona, che aprirà il festival sabato 1 agosto (h 21.00 piazzetta delle Guide di Valtournenche), in veste questa volta di artista del legno, una tradizione tramandatagli dal nonno che è diventata passione e trasposizione di un legame naturale con gli elementi delle terre alte.

Domenica 2 agosto (h.21 Piazzetta delle Guide di Valtournenche) sarà la volta di Hans Kammerlander e François Cazzanelli, il passato e il presente dell’alpinisimo sul Cervino e non solo, legati da un record, quello quattro i crinali in ascesa e discesa, stabilito da Kammerlander nel 1992 e abbassato di ben sette ore dal giovane Cazzanelli nel 2018.

È una storia a cavallo tra anima e roccia quella di Didier Berthod, protagonista dell’appuntamento di “La Tonaca nel sacco”, l’appuntamento in programma martedì 4 agosto alle 21.00 al Centro Congressi di Valtournenche. Icona dell’arrampicata degli anni ’80, dopo un infortunio quello che oggi è Padre Didier ha ritrovato la sua vocazione, mai sopita nemmeno quando le rocce gli indurivano le mani. La sua esperienza viene raccontata magistralmente anche in Fissure, il film in anteprima italiana al CervinoCineMountain.

Tutte le pellicole in concorso, tante e la maggior parte in anteprima (italiana o mondiale), che esaltano le imprese di eroi solitari, gli alpinisti protagonisti di grandi scalate. Tutte rispondono ad una domanda: Dove si colloca la dimensione dell’avventura? Sul percorso per raggiungere un “ottomila”, sulle rotte più o meno battute dagli alpinisti, sulle pareti verticali della Patagonia, ma anche vicino a casa, annidata nei luoghi più familiari. L’avventura è nello sguardo che posiamo sul mondo, la portiamo con noi quando spingiamo più in là i nostri limiti.

Quelli che superati da Jesse Dufton, protagonista di Climbing Blind, affetto da una malattia della vista che gli permette di distinguere soltanto tra luce e buio. Questo handicap però non gli impedisce di affrontare l’ambiziosa sfida di essere il primo ipovedente a scalare l’iconico Old Man of Hoy, un monolite di arenaria alto 137 metri, nelle Isole Orcadi.

La competizione verticale ha un limite, reale, che tocca l’anima e si fa reale: è l’umanità, quella che diventa coraggio. Ed è seguendo l’istinto ed inseguendo il proprio di coraggio che i veterani Krzysztof Wielicki, Adam Bielecki e Denis Urubko, impegnati nel tentativo di scalare il K2, ultima vetta himalayana inviolata in inverno, soccorrono l‘alpinista francese Elisabeth Revol, dando vita ad una delle operazioni di salvataggio più straordinarie della storia dell’alpinismo. In notturna, sul Nanga Parbat, superarono più di 1.000 metri di dislivello, lungo la via Kinshofer e, a oltre 6000 metri trovarono la Revol con gli arti gravemente congelati e in shock per avre dovuto scegliere di scendere e salvarsi la vita, lasciando solo a 7200 metri e in fin di vita il compagno Tomasz Mackiewicz, probabilmente vittima di un’embolia. La storia è documentata dal film The Last Mountain, in anteprima italiana al festival.


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