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Ghali protagonista della copertina di Vanity Fair


Il numero di Vanity Fair in edicola oggi chiude la trilogia dedicata ai valori che influenzano la moda contemporanea. In copertina Ghali Amdouni, per tutti Ghali, il cantante milanese simbolo di una generazione che sta facendo della multiculturalità una ricchezza su cui costruire il futuro.

In un toccante dialogo con la scrittrice di origini cingalesi Nadeesha Uyangoda, il cantante – nato a Milano da genitori tunisini – racconta l’infanzia fatta di traslochi da un appartamento all’altro fino all’arrivo nel quartiere di Baggio, la difficoltà di fare gruppo e la ricerca di una strada diversa, di apertura a nuove possibilità: «Sono cresciuto, sì, in periferia, ma è anche vero che Baggio mi ha cresciuto.

Però, alla fine, non ho mai voluto restarci — sulla strada, intendo —, no, da quella ho sempre sognato di scappare. Anche per questo di questa esperienza, nelle mie canzoni, ne parlo sempre in un certo modo — perché voglio dire che starci, in strada, non è una soluzione», racconta Ghali in questa intensa intervista-dialogo.

Lui la strada l’ha lasciata per intraprendere un percorso artistico che gli ha dato la possibilità di far sentire la sua voce, una voce diversa dagli stereotipi e dai luoghi comuni che popolano un certo immaginario, di chi, per esempio, pensa all’immigrato come a una persona dal destino segnato.

Immaginario che Ghali rifiuta: «Una volta mi è capitato di essere arrestato. Ero finito al Beccaria, il carcere minorile.

Ecco, da quando ho visto mia madre, in quella stanza, di spalle, che aspettava di vedermi dopo quattro giorni, ho deciso che quella sensazione non gliela volevo più dare.

Soprattutto, io non me lo posso permettere. Anche se si trattasse dell’ultima spiaggia, dell’unica possibilità che mi resta, io certe cose non le posso fare: non posso essere un altro tunisino che finisce al telegiornale.

Sognavo di finire al telegiornale per una notizia positiva, sognavo di dare un nuovo immaginario della mia gente», dice.

Un sogno che si è realizzato, che sta dando vita a un immaginario inclusivo e a una generazione che ci sta insegnando il valore della diversità, come spiega nel suo editoriale il direttore Simone Marchetti: «L’obiettivo è provare a cambiare il punto di vista per guardare l’Italia con i loro occhi, per ascoltarla con le loro parole.

Perché di questo, in fondo, c’è bisogno: cambiare la prospettiva e mettersi nei panni di chi vive la propria diversità ogni giorno. Senza pregiudizi e senza paure».


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