Tony Effe
Fotografo: Adriano Alia

Tony Effe commenta il dissing con Fedez su Vanity Fair


Nicolò Rapisarda, in arte Tony Effe, parla in esclusiva a Vanity Fair del dissing più chiacchierato del momento che lo vede coinvolto insieme a Fedez. Protagonista della cover digitale di questa settimana, il rapper romano, 33 anni, una band con cui ha raggiunto successo e fama (la Dark Polo Gang), una hit estiva da milioni di stream (Sesso e samba, con Gaia), un tour nei palazzetti in partenza a breve, è l’autore della canzone virale Chiara, piena di accuse e insulti al rapper di Rozzano. 

Com’è cominciato il dissidio con Fedez? Eravate amici, poi che cos’è successo?

«Ma no, è solo musica. Il dissing è una cosa che si fa da sempre e che non si deve spiegare, altrimenti finisce il gioco. C’è chi sfrutta l’onda per i propri scopi, chi per divertirsi come me».

Quindi è tutto finto? Le accuse che vi siete fatti sono pesantissime.

«Fa parte del gioco».

Lui il gioco lo ha preso seriamente, sembra.

«Io sono super tranquillo, dovreste chiedere a lui. Non ho litigato con nessuno, faccio musica e so solo che ho fatto una canzone che ha spaccato. Le prese in giro e gli insulti fanno parte del gioco. Il dissing esiste da sempre, l’ultimo famoso è quello tra Kendrick Lamar e Drake. Forse in Italia la gente non lo capisce. È solo musica».

Questa musica è fatta di parole e le parole hanno un peso. Chiara Ferragni, per esempio, ha chiesto di essere tenuta fuori dalla vicenda e di lasciare in pace i suoi figli, che lei invece ha coinvolto nelle sue rime.

«Dire “lasciate in pace i bambini” è un escamotage, è la cosa che ti viene subito da dire. Non

ho mai parlato male di nessun bambino. Non ho fatto niente di male».

Lui dice: «Scrivevi a mia moglie mentre mi abbracciavi». 

«Lui può dire quello che vuole, è un bugiardo cronico». 

Parliamo del vocale di Chiara Ferragni che accusa Fedez di aver cercato di comprare gli stream per scalare le classifiche sulle piattaforme e che lei ha inserito nella sua canzone. In una prima versione si sente la sua voce, poi è stata camuffata. Alcuni dicono che invece è stata usata l’intelligenza artificiale.

«No comment».

«No comment» vuol dire sì.

«No comment».

È stato accusato di misoginia per come parla delle donne nel dissing.

«Non sono misogino, ci mancherebbe, io lavoro con le donne e le tratto benissimo. È solo musica e bisogna leggere quel verso nel contesto: è rap. Si usano quelle parole, quella forma. Si raccontano cose belle, cose brutte, si raccontano le donne in tutte le sfaccettature».

Qui di sfaccettature non ce ne sono molte in realtà. Sono solo «bitch».

«È una battaglia a chi fa più male. Magari la gente che non conosce questa cultura non capisce».

Ma perché tirare in mezzo le donne? Non potevate insultarvi lasciandole fuori?

«Perché le donne sono più potenti di noi».

Può esistere un rap non misogino?

«Può esistere ma non è il mio rap. Io poi faccio di tutto, anche pop. Sono bravo a fare tutti i tipi di musica, molto semplicemente».

In una intervista molto criticata, aveva detto che quando era adolescente, i suoi genitori le davano «solo 150 euro a settimana di paghetta». Si è pentito di averlo detto?

«Le dico la verità: in quel momento, ho sparato quella cifra perché oggi 150 euro hanno un altro valore per me, e sul momento non mi ricordavo e mi sembrava che fossero pochi. In realtà mi davano 50 euro alla settimana, mi pare. Lo so, fa un po’ ridere ma è andata così».

L’intervista completa è disponibile sul sito vanityfair.it

Giornalista: Valentina Colosimo

Fotografo: Adriano Alia

Stylist: Antonio Pulvirenti

Fashion Credits:

  • Cover Look: Gucci

Comunicato Stampa: Marta Romanati


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