“È normale che esista la paura, in ogni uomo, l’importante è che sia accompagnata dal coraggio. Non bisogna lasciarsi sopraffare dalla paura, altrimenti diventa un ostacolo che impedisce di andare avanti.” Paolo Borsellino
Diciannove luglio 1992. In un assolato pomeriggio palermitano, un’autobomba esplode fra le strade deserte della città, uccidendo il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti di scorta: Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Unico sopravvissuto l’agente Antonino Vullo.
Un attentato arrivato a meno di due mesi dall’agguato di Capaci, e sul quale ci sono ancora ombre e interrogativi.
Diverse le manifestazioni in tutta Italia in ricordo del giudice antimafia. Ci sarà una seduta straordinaria dell’assemblea plenaria del Csm in ricordo delle vittime della strage mafiosa alla presenza del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
Proprio davanti al Consiglio superiore della magistratura il 31 luglio del 1988 Paolo Borsellino era stato convocato dopo le interviste rilasciate a La Repubblica e L’Unità, nelle quali denunciava il preoccupante stato di smobilitazione del pool antimafia di Palermo. Il magistrato parlò per oltre quattro ore, condannando l’inadeguatezza dei mezzi di contrasto attivati dallo Stato contro la mafia. Il pomeriggio dello stesso giorno veniva ascoltato anche Giovanni Falcone. Quest’ultimo sarà ucciso il 23 maggio 1992 nell’attentato di Capaci. Paolo Borsellino 57 giorni dopo di lui.
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