Non fu mai una metamorfosi evidente quella che accompagnò la sua esistenza; quasi come se, da sempre farfalla senza aver vissuto il parto doloroso da bruco a crisalide, il corpo diafano della Fracci non fosse nato per toccare matericamente il suolo del pianeta ma lo avesse – un po’ come fu per l’immenso Nureyev – solo flebilmente ma poderosamente sfiorato.
E così, dispiegando mani poetiche e gambe affusolate, ha scelto l’ultimo decollo, “…verso l’infinito e oltre”, la libellula della danza il cui battito d’ali ha abbracciato il mondo, lasciando come eterea impronta – non nel suolo ma armoniosamente percepibile sul palco – un vibrante, perenne fremito.
Quello stesso ritornatole negli applausi scroscianti dei cuori che, in oltre mezzo secolo, hanno avvolto di affetto la sua incommensurabile, immortale Arte.
Buon volo, candida Carla.