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Laura Pausini si racconta a Vanity Fair


«C’era una cosa che non avevo mai raccontato, una cosa per me importante. È da quando ho vinto Sanremo nel 1993 con La solitudine che mi domando come sarebbe stata la mia vita se quella sera tutto fosse andato diversamente.

È arrivato il momento di scoprirlo». Laura Pausini e Amazon Studios scelgono Vanity Fair per lanciare il primo film della cantante, Piacere di conoscerti, la storia di chi è e di chi sarebbe diventata qualora il destino avesse seguito un corso diverso.

«Vorrebbe avere la presunzione di spiegare che la realizzazione personale non passa dal successo», racconta Laura Pausini a Vanity Fair a proposito del progetto disponibile dal 7 febbraio su Prime Video. «Io non sognavo di diventare famosa.

Desideravo fare pianobar in quanto femmina, perché all’epoca in Romagna si esibivano solo gli uomini. E invece oggi pare che gli unici obiettivi contemplati siano soldi e fama. È la motivazione la chiave. Io ero motivata a cantare Destinazione paradiso a San Siro come nei locali a Faenza».

Ancora: «Dopo il Golden Globe, con l’Italia in ginocchio per il Covid, mia figlia mi ha detto: “Non sono brava come te!”. La paura di essere troppo ingombrante per lei è esplosa. Ho sperato davvero di non vincere l’Oscar, e quando è successo ho gioito, mentre Diane Warren, l’autrice di Io sì (Seen), seduta al tavolo lì con me, si è arrabbiata, non capiva. Era l’unico modo per poter insegnare a Paola il fallimento e aggiungerlo ai messaggi di Piacere di conoscerti».

Ma non c’è solo il film nella lunga intervista: la rivelazione sulla genesi de La solitudine («Gli autori sono due ragionieri di Milano che non ho mai visto. S’intitolava Anna.

“Anna se n’è andata e non ritorna più”. Abbiamo cambiato il nome e poco altro»), il matrimonio rimandato con il compagno Paolo Carta («Avevamo deciso di farlo l’anno scorso, ma con il Covid… Dobbiamo trovare una nuova data»); la conduzione dell’Eurovision Song Contest e la nuova responsabilità dell’arte; le coincidenze e le delusioni.


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