La Trappola di Dalian
La Trappola di Dalian

La Trappola di Dalian: «Il nostro punk va oltre il click»


Vengono da Torino, sono Sofia Cazzato (voce), Alessio Piedinovi (batteria), Angelo Rizza (basso) e Lorenzo Borghetto (chitarra), e da poco hanno pubblicato il loro primo “Oltre il click per Sette AFK Label.

Nove tracce di punk alternative cantato in italiano, dove ritmiche serrate incorniciano distorsioni grezze e sporche. Tra gli italiani Prozac+ e gli statunitensi My Chemical Romance, La Trappola di Dalian si racconta.

Perché vi chiamate così, La Trappola di Dalian?

Abbiamo scelto il nome dopo un bel po’ che suonavamo assieme. Non avendo condiviso esperienze precedenti, ad eccezione di me (Sophia) e Drake (batterista), era difficile trovare un nome per questo nuovo progetto.

Dalian, il cane di Drake, era la nostra costante, ciò che poteva accomunarci. Faceva la guardia nel cortile adiacente la nostra sala prove ed ovviamente veniva a trovarci. Era un cane molto territoriale e nonostante ci conoscesse già da un po’, continuava ad essere molto diffidente nei nostri confronti quando si arrivava in sala prove. Ci sentivamo un po’ intrappolati e da questa sensazione è nato il nome “La Trappola di Dalian.

Prima della pubblicazione del vostro nuovo album “Oltre il click”, avevate altri lavori all’attivo? Se sì, quali?

Si, prima del nostro primo album abbiamo realizzato due videoclip di due singoli presenti in ” Oltre il click”.

Rimanendo fermi a causa del covid, non volevamo fermarci nell’attesa dell’uscita del nostro primo lavoro. Così abbiamo pubblicato in primis il videoclip di “Rumore” e successivamente quello di “Pillole”, a distanza di qualche mese.

Come e quando nasce il titolo “Oltre il click”? Il termine “click” mi fa pensare sia al suono della fotocamera che a quello del mouse…

“Oltre il click” è una raccolta di pensieri ed esperienze che si erano fatti ingombranti ed abbiamo deciso di tirarle fuori in questo modo. Il titolo ha un duplice significato. Abbiamo da subito composto i nostri brani assieme ed il periodo dei vari lockdown ci ha destabilizzato.

C’era la voglia di andare oltre il click del computer, dispositivo che ci ha permesso di comporre a distanza durante questi anni di pandemia.

D’altro canto andare oltre il click per noi significa andare oltre le apparenze. L’utilizzo dei vari social in circolazione permette di crearsi una sorta di vita “perfetta” all’apparenza ma in realtà decidiamo noi cosa far vedere.

Il disagio interiore è celato da questa patina di ostentazione di ciò che non è. L’uso smodato dei social, fatti di numeri, like, followers, raggiungibili solo attraverso un semplice click del mouse, di uno smartphone, ecc.., ci fa accantonare le cose più importanti ma è come mettere la polvere sotto uno zerbino.

Sin dal primo ascolto, dai vostri brani risalta subito una certa discrepanza tra i testi, spesso intimi, duri e relativi a situazioni di disagio e inadeguatezza nella vita di tutti i giorni, e un sound che a tratti si fa spensierato, quasi melodico: perché questa scelta?

Se avessimo scelto un’altra tipologia di liriche, saremmo stati una band qualunque che fa rock. Viceversa per la musica: melodie tristi o malinconiche ci avrebbero fatti sembrare una comune band indie. A noi piace suonare rock, punk.

Ma allo stesso tempo vogliamo raccontare qualcosa di più profondo. Basta agli stereotipi del “sesso, droga e rock ‘n roll”!

Nel videoclip di “Rossetto veleno” i due protagonisti sono due giovani, una ragazza e un ragazzo, che si cercano con lo sguardo in mezzo a persone che fanno festa, ma nessuno dei due sembra avere il coraggio di avvicinarsi all’altro: che cosa vogliono comunicarci?

“Rossetto Veleno” ha al suo interno due mini storie: la libertà di andare a fare baldoria con gli amici dopo essere stati chiusi in casa per troppo tempo e una storia di amore non corrisposto…o forse, si? Non lo abbiamo capito nemmeno noi.

Scherzi a parte, come dicevo andare oltre le apparenze significa andare oltre a ciò che una persona ci comunica solo guardandola, in questo caso tramite il trucco che la nostra attrice indossa nelle prime inquadrature.

Il suo disagio nel non riuscire a comunicare i suoi sentimenti, riaffiora intaccando il suo bel makeup che, verso la fine del videoclip, assume tinte scure, bluastre. A volte l’incomunicabilità ci avvelena.

Ritenete che la vostra città, Torino, abbia esercitato influenza sulla vostra musica? Se sì, in quali termini?

Innanzitutto Torino ci ha fatti incontrare. Io sono salentina, Spa (bassista) è nato e cresciuto in Sicilia. Non siamo tutti originari di Torino. Probabilmente la forza di attrazione di questa città magica, ha fatto il suo. Torino è malinconia, cupa, sia nella storia che nei paesaggi. Senza dubbio è un posto che personalmente ha influenzato la mia scrittura e quindi anche i testi racchiusi nel nostro album.

A un anno dalla scomparsa del grande Franco Battiato, avete deciso di rendergli omaggio realizzando una cover in salsa punk della sua “Summer on a solitary beach”: come mai avete scelto proprio questa canzone?

Battiato è stato un rivoluzionario nella musica. Possiamo dire che era un vero punk, nonostante non incarni l’immaginario comune e “Summer on a solitary beach” ne era l’esempio più lampante. Quando l’abbiamo ascoltata, abbiamo capito sin da subito che sarebbe stata la cover perfetta. Non ci abbiamo messo molto a riarrangiarla. Tutto filava già con le sue ritmiche serrate ed i synth elettronici. E poi avevano bisogno di una canzone che rimandasse all’estate! È stato un periodo impegnativo.

Cosa significa per voi fare musica, suonare? Preferireste esibirvi live davanti a migliaia persone o per una cerchia ristretta di amici?

Per noi fare musica significa comunicare senza mezzi termini. La gente non ha bisogno di bugie e la comunicazione diretta e senza filtri è molto più efficace. Vogliamo che le persone si identifichino in ciò che facciamo e magari riescano a superare momenti difficili. Sarebbe bello aiutare attraverso la nostra musica.

Ovviamente il nostro obbiettivo è suonare davanti a migliaia di persone in modo tale che il nostro messaggio arrivi a quante più persone possibili ma siamo partiti dai nostri amici e conoscenti. Non vediamo l’ora che arrivi quel momento.

Prendereste parte a un talent show o a un programma come “Amici” per farvi conoscere al grande pubblico?

“Amici” è una scuola di musica e non credo che possa fare al caso nostro. Tutti noi studiamo ed il nostro bassista, ad esempio, è un docente di educazione musicale. Credo che non sarebbe il percorso giusto.

Abbiamo provato ad accedere ad altre tipologie di talent ma abbiamo capito da subito che è una realtà tossica ed in pochi ce la fanno davvero.


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