michele montesano

Cecov: dalla Russia a Rocca di Papa – Na’ dimagna de matrimogno di Michele Montesano sfida il meteo


Michele Montesano
Michele Montesano
Intervista di Anita Madaluni a Michele Montesano

Arditi, audaci e temerari.

Tre baldi moschettieri sul palco, in una piazza fredda e quasi tempestosa di un luglio bizzarro (equatoriale in pianura, autunnale ai Castelli) in quel di Rocca di Papa.

Non a duellare tout court ma… un po’ sì, con vento e microfoni, difendendosi da un quasi tornado che si impegnava, con rara intermittenza, a infastidire palcoscenico e platea.

In altre circostanze, forse, ci si sarebbe arresi.

Non certo i nostri impavidi che, guidati da un prode D’Artagnan, portavano a buon fine la missione.

Erano gli interpreti Ciro Borrelli, Adele Cammarata e Flavio Francucci, diretti da Michele Enrico Montesano, in una esilarante trasposizione di Anton Cechov (testi e adattamento di Anastasia Doagà e Tonino Tosto) che, direttamente dal russo al romanesco, trasforma un classico in ruzzarello in d’un atto “’Na dimagna de matrimogno” e strappa risate a più non posso (dopo aver già arricchito il proprio palmarès, nel 2019, con due premi SIAE).

Tramontana a parte, “eccetera eccetera e compagnia cantando” (come intercala, ogni tre per due, il padre della fanciulla da maritare affrontando l’ipocondriaco e impacciato pretendente), le inevitabili folate che interferivano a tratti l’audio non distoglievano il folto pubblico che ha apprezzato di gusto e si è divertito.

Vero è che c’era la festa del patrono, ma la coinvolta partecipazione, focus sul palco, distraeva da bancarelle e stand attorno alla piazza.

Segnale forte e chiaro di apprezzamento.

In platea l’applauso di Montesano padre promuove interpreti e regia e si miscela a quello del parterre sotto le stelle, rimasto fino all’ultimo dondolato dalla piccola bufera.

Ora: il talento non è detto sia patrimonio genetico. Si eredita una professione, una attività, un bene. Si ereditano tratti di carattere e personalità. Si possono tramandare usi, costumi, cultura e, forse, in rari casi, qualche predisposizione. Si tramanda studio, rigore e valori. E sin qui ci siamo: in famiglia si è respirata, da sempre, polvere teatrale.

A ogni buon conto il Talento maiuscolo, quello vero, quello che… l’Arte ti sceglie, ti attraversa e ti occupa come strumento per manifestarsi, beh, ecco, quello è una grazia. E, quando ce l’hai, significa che te la sei meritata; significa che la vita ha geneticamente deciso di consegnare la staffetta (come in questo raro, rarissimo caso) di padre in figlio (anzi: in figli).

Insomma: un BRAVO (di garineiana memoria) a Michele Enrico.

Di seguito, il suo saluto dopo lo spettacolo e prima dei frizzanti agonismi pirotecnici che, in chiusura, incorniciavano il cielo – finalmente cheto – in una perturbata notte di mezza estate ai Castelli Romani.

Comunicato Stampa Anita Madaluni


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