C’era innanzitutto l’idea di abbattere gli Stati nazionali, alla base del ‘Manifesto per l’Europa’ scritto a Ventotene da Altiero Spinelli, Eugenio Colorni ed Ernesto Rossi tra il 1941 e il 1944. Culture diverse – un ex comunista, un socialista e un liberale – ma un destino comune da confinati, tutti e tre vittime del regime fascista e spettatori forzatamente passivi di una guerra mondiale. Durante gli anni di soggiorno forzato sull’isola pontina cercarono di studiare le cause del conflitto in corso arrivando alla convinzione, come scrive Colorni nella prefazione, che “la contraddizione essenziale, responsabile delle crisi, delle guerre, delle miserie e degli sfruttamenti che travagliano la nostra società, è l’esistenza di Stati sovrani” che inevitabilmente considerano “gli altri Stati come concorrenti e potenziali nemici”.
Questi i “princìpi fondamentali” attorno ai quali è costruito il Manifesto: “Esercito unico federale, unità monetaria, abolizione delle barriere doganali e delle limitazioni all’emigrazione tra gli Stati appartenenti alla federazione, rappresentanza diretta dei cittadini ai consessi federali, politica estera unica”.
Il passo fondamentale è il superamento degli Stati nazionali: “Il problema che in primo luogo va risolto e fallendo il quale qualsiasi altro progresso non è che apparenza, è la definitiva abolizione della divisione dell’Europa in Stati nazionali sovrani”.
Lo Stato europeo, ovviamente, dovrà garantire “una vita libera, in cui tutti i cittadini possano partecipare veramente alla vita dello Stato”.
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