La Colonia teatro
La Colonia © Filippo Manzini

La Colonia in scena a Torino


Dopo il successo al Teatro della Pergola di Firenze, dove ha debuttato in anteprima nazionale, arriva al Teatro Romano di Torino il 3 e 4 settembre La Colonia, testo utopistico scritto da Marivaux nel 1750, ripreso e tradotto per la prima volta in italiano dal regista Beppe Navello. Un’opera di straordinaria attualità sulla condizione femminile che narra di una rivolta di donne, dopo un naufragio su un’isola deserta, contro i mariti che vogliono legiferare senza coinvolgerle, per costruire un nuovo mondo in quella colonia sperduta in mezzo all’oceano. 

Con le scene e costumi di Luigi Perego, le musiche di Germano Mazzocchetti e le luci di Orso Casprini, la commedia è pensata per numerosi personaggi – più della metà sono donne, rarità nella tradizione teatrale – ai quali Marivaux offre la possibilità di misurarsi con molteplici registri interpretativi.

La compagine di interpreti, che fa parte de la “Compagnia di Sala Prove”, nata una decina di anni fa proprio grazie a Navello – è composta da Daria Pascal Attolini, Marcella Favilla, Luigi Tabita, Luchino Giordana, Maria Alberta Navello, Fabrizio Martorelli, Giuseppe Nitti, Cecilia Casini, Giulia Lanzilotto, Claudia Ludovica Marino, Erica Trinchera e Alessandro Panatteri.

Le tematiche espresse, che risuonano straordinariamente contemporanee alle nostre orecchie, erano uno dei più controversi argomenti nel dibattito filosofico e sociale dell’Illuminismo francese.

«Nel 1750 – ricorda Navello – Marivaux decise di riadattare una sua vecchia commedia in tre atti che non aveva avuto successo, ricompattandola in un atto unico: ventuno anni prima, il 18 giugno 1729 quella commedia, sotto il titolo La nouvelle colonie, era stata rappresentata al Théâtre des Italiens e, nonostante il cast annoverasse alcune star dell’epoca come Silvia Balletti e Pierre François Biancolelli, era stata ritirata dopo una sola rappresentazione. Colpa del testo ispirato a una delle questioni filosofiche più scottanti sollevate dagli illuministi? Colpa di un eccesso di verbosità in un teatro come quello italiano che i parigini continuavano a considerare erede della Commedia dell’Arte? Una scarna cronaca del “Mercure de France” è tutto quel che ci rimane della recita del 1729 e non consente valutazioni storico critiche convincenti.»

«Ma è un fatto significativo – continua il regista – che Marivaux, autore ormai affermato e consacrato alla fama, decida di rimettere mano a quell’opera dopo tanti anni: il problema dell’uguaglianza dei sessi poteva, sì, essere impopolare nella Francia ancien régime, ma non doveva essere rimosso per sempre nella storia contemporanea, proiettando la sua forza ineluttabile in un futuro prossimo nel quale le donne sarebbero state protagoniste. La colonia, quel secondo tentativo, Marivaux lo destinò soltanto alla lettura “in una Società”: come a ribadire che i tempi non erano maturi per declamare tanta sovversiva originalità sulle tavole del palcoscenico; come era successo d’altronde a un altro testo ispirato alle idee dei philosophes, L’Isola della Ragione, che l’autore si rammaricava di aver portato all’insuccesso teatrale dopo il buon esito riscontrato invece attraverso le letture ad amici e intellettuali.»

«Si dirà – conclude – che mettere in scena una commedia sulla rivolta delle donne non solo non comporta rischi, ma è così politicamente corretto da rischiare quasi il conformismo. Eppure, non è conformista ascoltare le parole di un classico (cioè di un autore che non finisce mai di essere contemporaneo, per ricordare una delle più felici definizioni della parola) a proposito della questione femminile, tema sociale e filosofico ben lontano dall’essere definitivamente risolto duecentosettantatré anni dopo. Proprio perché tiene conto con autoironia delle timidezze, delle resistenze, delle paure ancestrali che accompagnano da sempre l’accettazione di una parità completa tra le due metà del cielo. E poi perché è una commedia, forma teatrale che non si prende sul serio neanche quando fa finta di predicare, ma gioca con gli strumenti del buon teatro, con i caratteri, con le battutacce, con l’invenzione del naufragio in un’isola deserta, mitologica risorsa in teatro per rappresentare utopie palingenetiche. E se nel testo di Marivaux il finale resta prudentemente senza esito rispetto alle speranze che ha generato durante tutto il tempo dell’azione, è inevitabile sentire che quella conclusione è provvisoria e prefigura un futuro diverso affidato alle generazioni che verranno. È quanto cerca di esprimere questa messa in scena, la prima in italiano e nel nostro Paese, per quanto io sappia, della storia plurisecolare di questo testo”.

La Produzione è realizzata dall’Associazione Teatro Europeo in collaborazione con il Teatro della Toscana e con il sostegno di MIC Direzione Generale Spettacolo nell’ambito del Progetto “Marivaux: le utopie”. Un’iniziativa con il patrocinio dell’Institut français Italia. L’evento è in collaborazione con i Musei Reali di Torino.

BEPPE NAVELLO

Dopo aver compiuto studi universitari in Italia e in Francia, si è formato teatralmente al Teatro Stabile di Torino come regista assistente di Mario Missiroli, tra il 1977 e il 1981. Le sue prime regie sono su testi contemporanei: al Teatro Stabile dell’Aquila, nel 1983, dirige Questa sera da Tosti di Alberto Gozzi e al Teatro Stabile di Torino, nello stesso anno, La casa dell’ingegnere di Siro Ferrone, tratto da La cognizione del dolore di Carlo Emilio Gadda. In quegli anni intraprende anche la collaborazione con i programmi culturali della RAI, firmando centinaia di testi e regie radiofoniche per le tre reti nazionali dell’emittente pubblica.

È del 1986 la prima nomina a direttore del Teatro Stabile dell’Aquila. Le sue regie più importanti: Sogno di Oblomov di Siro Ferrone, e un esperimento di teatro a puntate: I tre moschettieri, durato tutta la stagione ‘86/’87.  Tra il 1990 e il 1993 dirige il Teatro di Sardegna, a Cagliari, dove firma le regie de Il gioco delle parti di Luigi Pirandello, de Il vampiro di Angelo Brofferio e di Casa di bambola di Henrik Ibsen. Tra il 1994 e il 1997 torna alla direzione del Teatro Stabile dell’Aquila (regie di La donna del mare di Ibsen, Il Misantropo di Molière, Il caso Papaleo di Ennio Flaiano). In seguito, con una compagnia privata, firma le regie di Alfieri! Alfieri!Il costruttore Solness di Ibsen e La signorina Julie di Strindberg. Ha firmato anche, insieme a una regista francese e a un regista belga, la messa in scena di Le cercle de craie caucasien di Brecht al Festival di Aix-en-Othe e al Théâtre de la Villette a Parigi (1997).

Nel 2001 fonda il Festival internazionale “Teatro Europeo” diventato poi “Teatro a Corte” perché itinerante attraverso le dimore sabaude del Piemonte: fino al 2017, il festival è cresciuto all’insegna dell’amicizia italo francese (più di cento compagnie d’Oltralpe invitate nel corso degli anni), diventando punto di riferimento dell’innovazione europea in particolare per le creazioni in situ. Dal 2007 al 2017 ha diretto a Torino la Fondazione Teatro Piemonte Europa, riconosciuta dal Ministero Teatro Stabile d’Innovazione, poi promossa a Teatro di Rilevante Interesse Culturale e che dal 2010 ha ottenuto in gestione il Teatro Astra di Torino. Per quel palcoscenico, nello stesso periodo, ha creato numerosi spettacoli di successo presentati nei cartelloni dei maggiori teatri italiani, tra i quali: Donne informate sui fatti di Carlo Fruttero, Dette d’amour d’Eugène Durif, Il Divorzio di Vittorio Alfieri, Il Trionfo del Dio Denaro di Marivaux, Una delle ultime sere di Carnovale di Goldoni; e ha promosso, invitando registi stranieri (Jean Claude Penchenat, Myriam Tanant, Robert Talarczik), spettacoli bilingue con attori italiani, francesi e polacchi: Cinema! (in due versioni, italo francese e polacca); Bar Franco ItalienRemake. Dal febbraio al maggio 2017 ha occupato lo stesso Teatro Astra con l’imponente cantiere scenografico progettato da Luigi Perego per una riedizione della saga de I Tre Moschettieri in otto puntate, riprendendo i testi scritti trent’anni prima per il Teatro Stabile dell’Aquila dai maggiori drammaturghi italiani: un’avventura che ha coinvolto un centinaio di lavoratori dello spettacolo tra i quali una cinquantina di giovani attori e che ha appassionato ogni settimana il pubblico torinese per quarantotto repliche in otto puntate, ciascuna diretta da registi diversi (lo stesso Navello, Gigi Proietti, Piero Maccarinelli, Myriam Tanant, Andrea Baracco, Robert Talarczyk, Ugo Gregoretti e Emiliano Bronzino).

Dal 2019, B.N. siede nel Comitato Scientifico del progetto internazionale, sostenuto dall’Institut Universitaire de France, Marivaux et les scènes européennes guidato da Paola Ranzini dell’Università di Avignone: tra le altre iniziative, è in corso la pubblicazione degli Omnia di Marivaux in italiano presso l’editore Cue Press. Il primo volume è in libreria dal settembre 2021 e il 23 novembre 2021 ha debuttato alla Pergola di Firenze, per la prima volta in lingua italiana, La seconda sorpresa dell’amore, con la traduzione e la regia, appunto, di Beppe Navello.

Dal 2015 è consigliere d’amministrazione dell’Alliance Française di Torino e nel 2021 è stato nominato consigliere d’indirizzo del Teatro Regio di Torino dal Ministro della Cultura.

Nel suo percorso professionale, Beppe Navello ha diretto, tra gli altri: Paolo Bonacelli, Carmen Scarpitta, Caterina Vertova, Elia Schilton, Gianni Garko, Domiziana Giordano, Laura Lattuada, Pina Cei, Maddalena Crippa, Giustino Durano, Lina Sastri, Roberto Alpi, Giorgio Albertazzi, Anna Galiena, Romina Mondello, Lino Capolicchio, Giuseppe Pambieri, Daniela Poggi, Patrizia Zappa Mulas, Franca Valeri, Geneviève Penchenat, Antonino Juorio.

Comunicato Stampa


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