Bruxelles, 29 novembre 2017. Quando, nella primavera del 2002, entrai per la prima volta nella sala stampa del Parlamento europeo a Bruxelles, mi trovai in un’atmosfera travolgente. Colleghi di tutte le nazionalità e dalle mille lingue – anche se il francese prevaleva – correvano a destra e sinistra per fare interviste, realizzare stand-up, scrivere pezzi, lanciare agenzie.
Il presidente dell’Assemblea, il giornalista irlandese Pat Cox, liberale (innamorato dell’Italia e dell’allora presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, su cui spesso, negli anni a venire, si fermerà a parlare con me) era del mestiere e non lesinava la sua presenza.
Ma tutti gli occhi e le telecamere – e le penne – erano rivolte a loro, a Valéry Giscard D’Estaing (già presidente della Repubblica francese), all’ex primo ministro belga Jean-Luc Dehaene e all’ex primo ministro italiano Giuliano Amato, rispettivamente presidente e vicepresidenti della Convenzione sul futuro dell’Europa, istituita dal Consiglio europeo di Laeken del dicembre 2001 per dibattere su di un progetto che avrebbe dovuto portare a una Costituzione per i cittadini europei.
I cronisti scalpitavano affollando la sala che è oggi intitolata alla giornalista russa Anna Politkovskaja. Volevano sapere se la stesura della Progetto procedeva, ne chiedevano spiegazioni nei particolari, domandavano quali fossero i tempi di realizzazione. Jean-Luc Dehaene cercava di tenerli a bada con la sua simpatia. Giuliano Amato con il suo piglio di prof: «Essere impazienti significa essere impotenti». E i colleghi si acquietavano di fronte a quel tono cortese, ma che non ammetteva repliche.
Autorevolezza.
Il Progetto di Costituzione europea era stato approvato nel giugno 2004 dalla Conferenza intergovernativa. Poi c’era stata la firma a Roma del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, il 29 ottobre, altra grande emozione europea, in Campidoglio, nella sala degli Orazi e Curiazi. In una splendida giornata di sole – benedetta dai giornalisti stranieri (ma anche da noi italiani) accolti in una sala stampa creata per loro ai Fori imperiali – che non faceva certo presagire l’esito negativo dei referendum sul Trattato in Francia e nei Paesi Bassi.
Ma «la Costituzione europea non è fallita». Lo ha detto proprio Giuliano Amato, oggi giudice della Corte costituzionale, intervenendo al PE di Bruxelles – ospite dell’eurodeputata Mercedes Bresso – nell’ambito della conferenza “Verso una fase costituzionale? Scenari alternativi per una riforma del Trattato UE”, durante la quale è stato presentato anche il “Manifesto di Roma” di Villa Vigoni, centro italotedesco per l’eccellenza europea.
«Ogni tanto ci si rivede…», ha esordito Giuliano Amato incrociandomi proprio all’ingresso della sala e riconoscendomi.
«Presidente, è dai tempi della Convenzione…», gli preciso io.
«Sono solo 13 anni fa», ricorda velocemente.
«Ma io la seguo anche alla Consulta…».
«Ben fatto», risponde prendendo posto.
«La Costituzione, femmina, ha fatto confluire la sua femminilità nel Trattato di Lisbona, maschio. Dunque non è fallita». Il tono è quello autorevole di allora. La stessa ampiezza di visione, la medesima arguzia. Si rivolge ai giovani, tra i 25 e i 35 anni, che hanno stilato il Manifesto, con la fermezza con cui si rivolgeva ai giornalisti. Di certo non per raffreddare il loro fervido spirito europeista, ma per indirizzarlo, dargli forma.
«Non si può pensare di lavorare oggi sull’intera struttura dell’Unione, come hanno fatto i padri fondatori e come abbiamo cercato di fare noi nella Convenzione. Questa è l’epoca dei piccoli passi, degli interventi settore per settore, bisogna puntare ai singoli miglioramenti. Per ripristinare la fiducia dei cittadini e la solidarietà reciproca degli Stati membri. Poi, ultimo gradino, la federalizzazione».
E viene fuori anche il giudice costituzionale quando precisa che vede difficilmente praticabile la strada della totale prevalenza del diritto dell’Unione su quello nazionale: «solo nelle materie di competenza e nei limiti dei principi fondamentali delle Carte».
Ma l’Europa è una nostra costruzione, la stiamo creando noi cittadini passo passo. Sui nostri valori, speciali, unici. Il presidente Amato non ha dubbi: É «alla difesa dei nostri valori» che dobbiamo dedicarci prima di tutto: «questa è una missione esaltante».
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