Quando mi arriva un album come l’ultimo dei Phinx mi assale un fremito di gioia. Sì, perché dischi così belli e completi a livello musicale, al giorno d’oggi, se ne sentono sempre meno. In “Hòltzar” , il loro secondo lavoro, si intrecciano sperimentazione, energia e visioni. Suoni elettronici e suoni naturali. Il rock degli anni Novanta con echi provenienti direttamente dagli anni Ottanta. Insomma, “Hòltzar” è un disco enigmatico e sorprendente, con una produzione scrupolosa e una maturità compositiva straordinaria. Ho voluto conoscere meglio questa giovane band composta da Francesco Fabris alla voce, alle chitarre e ai sintetizzatori, da Daniele Fabris ai sintetizzatori e ai sequencers, da Pietro Secco al basso e ai sintetizzatori, da Alberto Paolini alla batteria e alle percussioni.
Ragazzi, com’è nato il progetto Phinx?
Il gruppo si è formato nel 2007 tra i banchi del liceo. Eravamo cresciuti fino ad allora a pane e rock anni ’90 e abbiamo iniziato in quel periodo a introdurre suoni di sintesi che ci hanno portato a fare una prima demo nello stesso anno registrata in garage.
Ascoltando “Hòltzar”, il vostro secondo lavoro, emergono evidenti sonorità anni Ottanta rivisitate in chiave moderna. Quali sono stati i vostri riferimenti musicali per questo disco?
Ci siamo sempre riconosciuti figli degli anni Novanta, ma ognuno di noi apprezza e ammira molte band che hanno fatto la storia nel decennio precedente: i Cure , i Melvins, i Pixies, i R.E.M, i Joy Division e molti altri. Ci siamo però sempre voluti staccare da riferimenti ben precisi, perciò le influenze nella composizione dei brani sono state esclusivamente irrazionali. Abbiamo cercato con questo disco di fare un viaggio dentro noi stessi, avevamo bisogno di non avere influenze dall’esterno e di concentrarci esclusivamente su ciò che ci veniva spontaneo al momento. Il riferimento più esplicito è forse stato quello della natura. Abbiamo sfruttato molti suoni concreti processandoli e usandoli come strumenti ritmici e armonici all’interno dei brani uniti a quelli acustici, alle programmazioni e alle macchine.
Da dove deriva la scelta di cantare in inglese?
Più che una scelta è stata una cosa naturale. È più aderente alle nostre sonorità e francamente ci piace l’idea di poter essere compresi anche al di fuori dall’Italia o di non essere compresi affatto. Diamo più importanza al suono. E la lingua inglese, unita ad altre forme di suoni vocali privi di vero e proprio significato, ci permette più facilmente di far arrivare la musica prima del testo.
Cosa pensate dell’attuale panorama musicale indipendente italiano e, soprattutto, come vi ci trovate?
Il panorama indipendente di oggi è sicuramente ricco di band molto valide. Spesso capita di trovarsi con gruppi che fanno generi completamente diversi dal nostro, ma con i quali condividiamo la stessa fatica a emergere. Musicalmente parlando ci sentiamo distanti dalla musica indipendente italiana figlia del cantautorato e più in generale della musica che privilegia il testo a tutto il resto. Umanamente però siamo vicini e ci troviamo bene con tutte queste realtà.
Qual è il gruppo italiano indie che oggi seguite con interesse?
Siamo cresciuti seguendo i Verdena, gli Afterhours, i Subsonica e i Bluvertigo. Tra i più recenti, invece, riteniamo molto interessanti gruppi come Captain Mantell, Drunken Butterfly e Sophie Lillienne, con i quali condividiamo anche l’etichetta. Apprezziamo molto gli Aucan per l’utilizzo dell’elettronica nei live. Poi Il Teatro degli Orrori per come ha saputo riproporre la potenza del rock con un contenuto e una recitazione delle liriche innovativa. Bologna Violenta per l’originalità del caos pensato. Erica Mou perché giovane e molto brava.
Voi provenite da Bassano del Grappa, città dei Frigidaire Tango. So che avete partecipato anche alla compilation a loro dedicata, uscita da pochissimo. Quanto hanno contato i loro dischi nella vostra formazione musicale?
Sicuramente i Frigidaire sono stati e sono tuttora una realtà importante per Bassano. Hanno scritto dei pezzi che sono ai vertici della new wave italiana e che hanno avuto risonanze anche all’estero. Siamo orgogliosi di aver partecipato alla compilation dedicata a loro con il brano “Take over from me”, lo sentiamo “nostro” questo pezzo, anche perché è stato lavorato contestualmente alla stesura di “Hòltzar”. Francamente, più che ai loro dischi, ci sentiamo molto legati alla loro storia, perché sono nostri concittadini che, come noi, hanno sacrificato molte cose per fare della buona musica. I Frigidaire Tango sono un esempio umano e musicale.
Quali saranno i prossimi appuntamenti live dei Phinx?
Il 18 maggio saremo a Gazzo Padovano con gli Opium The Folks. Poi il 7 giugno con gli Aucan, i Masca, Public e Frida all’Urlo Festival di Castelfranco Veneto. Infine il 9 giugno a Bassano del Grappa.