Fukjo: l’intervista per “Quello che mi do”, il nuovo lavoro della band pugliese


Il 28 febbraio esce “Quello che mi do”, il nuovo lavoro della giovane band pugliese Fukjo. L’EP è stato registrato da Giulio Ragno Favero al Lignum Studio di Padova e masterizzato da Andrea De Bernardi presso lo studio Eleven Mastering.

“QUELLO CHE MI DO” è il racconto degli ultimi tre anni della band: cambi, fratture, rinascite. Cinque tracce dal sound noise-rock e dai ricami psichedelici.

Abbiamo intervistato i FUKJO che ci hanno parlato della loro storia, del nuovo lavoro e del loro punto di vista sull’attuale scena musicale. Buona lettura!

Ciao ragazzi e benvenuti sulle pagine di Radio Web Italia! Prima di tutto raccontateci chi sono i FUKJO.
I Fukjo oggi sono Giuseppe Dagostino (voci e chitarre), Enzo Cannone (basso, synth, piano, cori), Gianluca Salvemini (batteria) e Paolo Battaglino (chitarre, synth, cori).

Siamo pugliesi, facciamo rock e ci piacciono i volumi alti (non sempre sempre eh). Non nasciamo propriamente con questo organico, dal 2013 (anno in cui abbiamo dato origine alla band) ad oggi sono accadute diverse cose, tutte belle seppur in diversa forma. Al che siamo arrivati a questo status e continuiamo ad essere felici.

Il 28 febbraio esce il vostro secondo lavoro “Quello che mi do”. Cosa è cambiato rispetto al primo album “Wasabi”?
Per certi aspetti siamo cambiati anche noi, per cominciare siamo cresciuti anagraficamente e questo credo si possa percepire nella maggior consapevolezza emersa nella composizione dei brani e sul modo d’interpretarli; in secondo luogo c’è stata una vera e propria rivoluzione nella formazione della band. In questi tre anni ci siamo reinventati, Wasabi è stato scritto e suonato dal vivo per diverso tempo con una formazione a tre. Poi successivamente con l’ingresso di Paolo con le sue chitarre e definitivamente con il cambio batterista, avvenuto nell’ultimo anno, le sonorità che siamo riusciti ad tirare fuori hanno dato origine al sound di Quello che mi do.

Quale atmosfera si respira in questo EP?
E’ un EP quadrato, c’è un’importante presenza della sezione ritmica e la si avverte con gli incroci di basso e chitarra suonati su groove aggressivi. D’altro canto utilizzando controtempi, molte nostre jam sono sfociate in atmosfere vagamente psichedeliche, il che ha aperto un secondo canale nell’arrangiamento dei brani dell’EP. Così in definitiva possiamo dire che è un disco traballante tra il rock più saturo e la psichedelia anni ’90.

Parlando delle tematiche trattate nel vostro secondo lavoro, quali sono stati gli argomenti che avete voluto sviluppare?
Il lungo tempo passato lontani dalle produzioni e dalla sala prove ci ha portati a chiuderci in una riflessione su noi stessi e sulla band in sé.

Sono naturalmente scaturite da ciò delle tematiche per gran lunga rivolte al futuro raccontate attraverso la consapevolezza dell’abbandono del passato. C’è l’amore, c’è la rivincita, c’è la rivolta, c’è il viaggio.

Quali sono stati i momenti di maggior soddisfazione durante le sessioni di registrazione di “Quello che mi do”?
Si dice molto spesso, senza cadere nel banale che le cose più belle arrivino all’improvviso e le registrazioni di questo EP si può dire che abbiano a pieno questa peculiarità. Noi avevamo steso le basi per cominciare la produzione di un album e in questa fase si sono aperte le opportunità per lavorare ad un EP con Giulio Ragno Favero, al Lignum Studio.

A quel punto abbiamo dovuto prendere una decisione e nell’economia della band, tenendo conto della nostra storia più recente abbiamo ritenuto fosse più giusto sfruttare al meglio il vantaggio di lavorare a stretto contatto di un produttore e nel caso specifico con Giulio che è uno dei più raffinati professionisti della scena rock italiana.

Quindi le soddisfazioni sono state molteplici. Portiamo dentro un bellissimo ricordo del viaggio, dell’aver lavorato lontani da casa.

Poi del sudore in sessione di registrazione, mai prima ci era capitato di passare così tante ore in studio. E’ stato strafico!

Infine i momenti di relax con i quali ci siamo potuti confrontare con l’aspetto umano di Giulio, che in un modo o nell’altro vestiva anche il ruolo d’idolo della nostra adolescenza. In genere ci capitava di vederlo solo sul palco ai concerti de Il Teatro degli Orrori. Ciò ha regalato un tocco magico a quei giorni.

Che ne pensate della scena musicale italiana? Che difficoltà avete avuto nel trovare il vostro spazio?
Probabilmente centinaia di volte avete sentito dire da qualcuno che questo Paese è un po’ strano e sempre secondo questa tesi riuscire a fare musica in Italia risulta essere un privilegio. Per questo la scena finisce per racchiudere perlopiù i privilegiati.

Non c’è nessun tono polemico in questo, perchè crediamo che il successo nella stragrande maggioranza dei casi è conquistato con la caparbietà, con la bravura e la professionalità. Perciò grande stima per chi trapassa il valico della nicchia e arriva al grande pubblico. Poi siamo felici che il rock italiano sia tornato ad essere presente nelle produzioni degli ultimi anni e nei festival. C’è una nuova generazione, che suona bene, fa divertire la gente ai concerti e di questo possiamo essere solo felici. Crediamo allo stesso tempo che c’è ancora molto lavoro da fare nel campo dei diritti, nelle strutture che ospitano i concerti, le quali molto spesso si ritrovano a condividere con i musicisti l’altra metà delle difficoltà di fare musica qui. Va abbattuto questo paradosso e lo si può fare solo con una classe dirigente attenta e riformista. Speriamo.

Tra il 2013 e il 2014, avete condiviso il palco con Paolo Benvegnù, Nastenka Aspetta un Altro, Lilies on Mars, We love you, Pierpaolo Capovilla, Emidio Clementi. Cosa vi hanno lasciato queste esperienze professionalmente e personalmente?
E’ avvenuto durante il tour di Wasabi. La bellezza di fare musica e di suonarla in giro ti permette di vivere esperienze di condivisione stupende. In genere ci siamo sempre divertiti. Ricordiamo con piacere Benvegnù che non si perse un minuto del nostro live, non accade spesso che un headliner si ascolti il concerto della band di apertura. Con Capovilla siamo riusciti a portare sul palco la collaborazione avvenuta sul nostro brano “Responsabilità” aperto dalla voce di Pierpaolo sul testo del reading dell’opera di Pasolini che portava e porta in tour da anni.

Le Lilies on Mars sono state stupende perchè ci hanno prestato il loro genio per l’arrangiamento del brano “Cara ricordi” e poi dal vivo sono da brividi perciò tutto molto bello.

Concludendo, quali saranno i vostri prossimi impegni?
Il 3 Marzo festeggiamo l’uscita dell’EP con un live in Puglia, a casa nostra, al ResUrb di Cerignola che oltre ad essere uno degli spazi più attivi presenti sul territorio pugliese è anche una famiglia della quale siamo felici di far parte.

Il giorno dopo, 4 Marzo continuiamo la festa al Fine di Reggio Calabria.

Il resto è in aggiornamento. Abbiamo tanta voglia di suonare e speriamo di farlo abbastanza.

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