Intervista al cantautore Alessio Ingravalle


“Sono nato di nuovo” è l’album d’esordio di Alessio Ingravalle. Hanno collaborato alla realizzazione del disco Alessandro Duccio Luccioli alla batteria, Emiliano Begni al pianoforte e arrangiamenti, Gianluca Siscaro che ha curato registrazioni e missaggio al Music Village Institute (oltre ad aver suonato il basso in un brano), Gianni Zorzi all’armonica, Daniele Borsato alla chitarra, Alessandro Marino e Maria Laura Baccarini alle voci e il coro Closing Time.

Abbiamo intervistato Alessio che ci ha raccontato della sua musica, del suo album e della sua storia.

Ciao Alessio. Prima di tutto come è andata la presentazione dell’album “Sono nato di nuovo” al Teatro Lo Spazio di Roma?
Benissimo, grazie! È stata una vera festa, siamo molto molto soddisfatti. Ringrazio ancora gli ospiti Alessandro Marino, Daniele Borsato e Gianni Zorzi e poi i miei compagni di palco insostituibili, Alessandro “Duccio” Luccioli alla batteria ed Emiliano Begni al pianoforte, agli arrangiamenti, e insieme a me alla produzione di tutto il lavoro.

“Sono nato di nuovo” è il tuo album d’esordio. Parlaci un po’ di questo disco e del perché di questo titolo.
“Sono nato di nuovo” è un disco che parla di cambiamento. A conti fatti, non è tanto il viaggio che si fa per arrivare al sé, ma un viaggio alla scoperta di un sé già mutato. Dico “a conti fatti” perché in fase di scrittura non è stata una direzione volontaria, ma mi è stato chiaro quando è arrivato il momento di entrare in sala, ed ho messo insieme i pezzi… Avevo parlato della mia rinascita, che è avvenuta qualche anno fa.

C’è un filo conduttore che lega le canzoni dell’album?
Sì, ed è appunto questa presa di coscienza. Il racconto parte in medias res, ma poi si dà uno sguardo all’infanzia e al passato più recente. Nell’oggi, si torna in sé e si guarda quello che c’è intorno, fino a dire graniticamente “Questo è il posto che scelgo, questo è quello che scelgo di essere”.

C’è un brano a cui sei particolarmente affezionato?
“Un numero insolito”. È l’unico vero brano d’amore del disco, ed è il momento che aspetto di più nei concerti, perché è la mia bolla, mi culla. Tutta una questione di ricordi!

Sappiamo che ti sei classificato secondo nell’ambito del Pirogovsky Rassvet International Contest of Pop Singers di Mosca (2014) e ti sei aggiudicato il premio “Lorena Scaccia” come miglior interprete (2014). Cosa ti hanno lasciato queste esperienze?
Il 2014 è stato un anno particolarmente divertente. Ero consapevole ma non troppo, avevo appena iniziato a scrivere ma mi tenevo le mie canzoni strette strette nel quadernino nero su cui le scrivevo. Intanto un’etichetta con cui collaboravo mi mandava in giro a farmi un po’ di palchi ed è stato divertentissimo. L’esperienza a Mosca in particolar modo, perché mi sono immerso in un contesto sociale molto lontano dal nostro, che è sempre un bel modo per scoprire cose, ho conosciuto cantanti di mezzo mondo, mi sono confrontato o scontrato con il loro gusto e con le loro consapevolezze, e poi ho cantato un pezzo in russo. Non avevo idea di cosa stessi pronunciando. Conoscevo la traduzione, ma non sapevo associarla al testo originale… Emettevo suoni con un significato, ma di parole neanche l’ombra! Insomma, è stato molto divertente e anche molto stimolante.

Qual è il ricordo più bello di queste esperienze?
Sapevo che alcune persone importanti della mia vita mi guardavano dall’Italia e ricordo con quanta passione volevo renderle orgogliose. E ricordo anche che raccoglievo tutti i particolari di cui sicuramente avremmo riso!

Tu nasci in realtà come attore?
Vengo da studi (e primi lavori) di teatro musicale, in cui il confine tra essere cantanti ed essere attori è molto labile. Ho iniziato a studiare come cantante a quattordici anni, poi è sopraggiunta la recitazione l’anno successivo… Quindi dopo il liceo accademia, dopo l’accademia ero un attore, perché non si può cantare in un musical senza essere un attore.

Poi cos’è successo?
Poi è successo che ho avuto voglia di iniziare a “dire”. L’anno in cui mi sono diplomato al LIM, l’accademia di cui parlavo, sono cambiate tantissime cose. Sono cambiato proprio io. Affrontare un personaggio è meraviglioso, da un lato hai l’impressione di prestare il corpo a qualcuno, dall’altro quel qualcuno te lo metti addosso e sei tu a sentirti intruso nel corpo di qualcun altro. Ma di sicuro c’è che devi rispettare le esigenze del personaggio, sia che tu stia cantando sia che tu stia parlando. I suoni non sono tuoi, ma suoi. Ho avuto voglia di rispettare le mie esigenze e di usare i miei suoni, di togliermi i personaggi di dosso e spogliarmi davanti al pubblico. Perché all’inizio è questa la sensazione.

Attore e cantautore. Come concili le due attività?
Devo dire la verità, nell’ultimo paio d’anni, in cui il progetto era alla resa dei conti, ho dovuto concentrarmi e dedicarmi molto alla musica. In più c’è l’insegnamento, quindi ho lavorato davvero poco come attore. Ora (sempre perché uno ha le idee chiare, no?) mi manca un po’ affrontare dei personaggi. Quindi credo di volermi riaffacciare. Ma sono due attività del tutto conciliabili, soprattutto perché psicologicamente sono una il contrario dell’altra quindi hai la possibilità di sfogarti o di contenere, di rubare a un personaggio o di dare a un personaggio, di spogliarti o di nasconderti. Insomma, sono due professioni intrecciate ma diametralmente opposte, secondo me.

Ultima domanda prima di salutarci: quali saranno i tuoi prossimi impegni?
Promuovere questo progetto perché ci abbiamo lavorato tanto e abbiamo tirato fuori una creatura che ora merita il mio impegno. Speriamo di suonare un po’ quest’estate e poi partire come un treno a settembre.

Alessio, grazie di essere stato con noi: lascia un messaggio ai nostri lettori!
Fico, daje!
Grazie a voi.

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